Un unico imputato. Un’accusa che, se confermata, potrebbe portare a una condanna all’ergastolo. Trentatré testimoni, tutti chiamati dalla Procura. L’incognita della perizia psichiatrica.
Pochi giorni dopo il primo anniversario dell’omicidio di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso in piazza San Rocco il 15 settembre 2020, domani mattina la parola passa alla giustizia. In Corte d’Assise a Como si apre il processo a Ridha Mahmoudi, tunisino di 53 anni accusato di omicidio volontario premeditato. L’immigrato, secondo quanto emerso nel corso dell’indagine era convinto di essere vittima di un complotto ideato per allontanarlo dall’Italia e avrebbe identificato tra i potenziali nemici anche quel sacerdote che non gli aveva mai chiuso la porta in faccia. Fino all’ultima richiesta, pochi minuti prima delle coltellate mortali. “Ho male ai denti”, avrebbe detto Ridha. “Finisco con le colazioni e ti accompagno dal medico”, la risposta di don Roberto. L’ultimo aiuto offerto dal prete degli ultimi.
L’accusa sarà rappresentata dal pubblico ministero Massimo Astori, che ha coordinato l’indagine. Ridha Mahmoudi sarà difeso dall’avvocato d’ufficio Davide Giudici. Il tunisino dovrebbe essere in aula, ma potrebbe anche decidere di non presentarsi in Tribunale a Como. Praticamente scontata la richiesta di una perizia psichiatrica, che dovrà poi essere valutata dal collegio. Il consulente incaricato dalla Procura ha dichiarato il 53enne capace di intendere e di volere al momento del delitto.
La difesa non ha citato testimoni. Tra quelli chiamati dalla Procura compaiono carabinieri e agenti di polizia che sono intervenuti in piazza San Rocco e che hanno raccolto la confessione di Mahmoudi poco dopo l’omicidio, i volontari che affiancavano don Roberto, i testimoni che hanno visto il tunisino la mattina del delitto, i consulenti e periti nominati durante le indagini.
Le audizioni inizieranno già domani, nella prima udienza. La vera incognita resta l’unico imputato e come deciderà di comportarsi in un processo che potrebbe portarlo al carcere a vita.