Da trent’anni la Ticosa rappresenta solo un brutto ricordo dei vari tentativi di riqualificazione falliti. Uno spazio, o meglio, una ferita proprio all’ingresso della città, che l’amministrazione ha cercato di sanare più volte. E proprio di quei lavori che negli anni si sono susseguiti e che sembravano essere destinati a dare all’area dismessa una nuova identità, opere poi mai terminate, la Ticosa conserva le tracce.
Oggi un cancello aperto rende semplice l’accesso agli spazi, ma non per gli operai. A lavoro non c’è nessuno. Tra ferro, transenne e resti dei cantieri, in ciò che resta dei 42mila metri quadri di stabilimento, da tempo qualcuno vi trova anche un riparo. E così la Ticosa, ex tintoria, tra le più importanti fabbriche di Como, è diventata, anche una casa per senzatetto.
Letti di fortuna ricavati da materassi e coperte, contornati di lenzuoli per cercare l’intimità. Un bagno altrettanto arrangiato. Abiti abbandonati, per terra o anche semplicemente appesi su grucce improvvisate. Pentole e piatti rovesciati, gesti che ricordano le abitudini domestiche. Ma è in questo decadente paesaggio, vicino alla casetta sul lato di via Grandi, ex locali di servizio della fabbrica e mai abbattuti che si trovano anche un passeggino e dei giochi. Elementi che farebbero pensare che alla Ticosa vivano addirittura famiglie con bambini.
Dove sarebbero potuti nascere i fiori ci sono solo rovi e tanta plastica ammassata, mentre l’acqua ha riempito gli ex scavi. Alla Ticosa si è formato un lago che in realtà è un acquitrino insalubre. Un possibile pericolo anche per chi vive nella zona.