Al processo d’Appello dell’inchiesta che era stata definita “rimborsopoli”, riferita a presunti rimborsi non dovuti chiesti da esponenti politici che ruotavano attorno al Pirellone, ieri a prendere la parola è stata la pubblica accusa. Il procuratore generale Massimo Alfredo Gaballo ha avanzato le proprie richieste in merito ai politici finiti in aula, chiedendo la conferma di 39 condanne inflitte in primo grado (con qualche pena ritoccata verso il basso) e il via libera ad una decina di patteggiamenti concordati in Appello.
L’udienza è stata poi aggiornata al 6 aprile quando parleranno le difese, mentre la sentenza è attesa per l’8 giugno. I fatti fanno riferimento al periodo compreso tra il 2008 e il 2012. Il Tribunale di primo grado aveva condannato la quasi totalità dei politici finiti in aula, ben 52 su 57. L’accusa era di peculato per il presunto utilizzo indebito dei fondi pubblici assegnati ai gruppi regionali.
Nell’elenco dei rimborsi, secondo l’accusa, i consiglieri avevano fatto rientrare spese personali non legate al loro incarico politico, dai viaggi ai pasti al ristorante. La stessa Regione si era costituita parte civile. Nell’elenco dei condannati esponenti di diversi schieramenti, compresi i comaschi Gianluca Rinaldin, Luca Gaffuri e Giorgio Pozzi. Per Rinaldin il procuratore generale avrebbe chiesto 10 mesi rispetto ai 2 anni e 9 mesi del primo grado, per Pozzi la conferma a 1 anno e 6 mesi.