“Richieste di condanna spropositate”. E’ il turno delle difese nel processo con rito abbreviato, in corso nell’aula bunker di Milano, che vede davanti al giudice i 18 indagati dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sfociata nell’operazione “Gaia”, che aveva riguardato i locali e le discoteche del Comasco, compresa la gestione dei buttafuori. L’accusa, rappresentata dai magistrati Sara Ombra e Cecilia Vassena, ha chiesto complessivamente 204 anni e mezzo di condanna per i 18 imputati, da un minimo di 4 anni e 4 mesi a un massimo di 20 anni. Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, porto abusivo di armi, ma anche di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, in arrivo soprattutto dalla Spagna. Tra gli imputati per i quali è stata chiesta la pena maggiore Carmelo Cristello, 48 anni di Cabiate, assistito dall’avvocato Gino Colombo e Luca Vacca, residente a Mariano Comense, 37 anni, difeso dal legale Simone Gatto.
Proprio l’avvocato di Luca Vacca ha indicato come “eccessive” le richieste dell’accusa. “Luca Vacca è tutto tranne che un mafioso – ha detto il legale – Non si può parlare di un soggetto affiliato a un’associazione che non è ben chiaro neppure se esista. L’associazione mafiosa è stata contestata, nelle varie fasi, a 5, poi a 3 e poi a 4 indagati. Non può essere giudice che vai associazione che trovi”. “Le accuse al mio assistito – ha detto ancora Gatto – sono basate solo su parole, su intercettazioni telefoniche in molti casi non contestualizzate. La ‘ndrangheta non minaccia su facebook, come ha fatto Luca Vacca e non fa estorsioni al telefono”. Alla richiesta dell’accusa di condannare a 20 anni Luca Vacca, il legale ha risposto invocando l’assoluzione per le ipotesi di associazione mafiosa e a fini di spaccio e il minimo della pena per le estorsioni, senza l’aggravante del metodo mafioso, e per lo spaccio.
Lunedì è fissata una nuova udienza dedicata ancora alle difese, poi già nella giornata di mercoledì sono attese le repliche e probabilmente la sentenza. Tra gli indagati, 8 sono residenti in provincia di Como e l’inchiesta fa riferimento allo spaccio e alla gestione dei servizi di sicurezza dei locali notturni, discoteche e pub tra Como, Erba, Cantù, Monza e Milano.