L’analisi congiunturale dell’economia comasca nel secondo semestre 2020 realizzata da Confindustria Como dipinge un quadro eterogeno, con un lento miglioramento rispetto alla brusca frenata che ha caratterizzato la prima metà dell’anno, ma con un confronto tendenziale che resta negativo con la seconda metà del 2019 (-13,2% per ordini e vendite e -16,5% per l’attività produttiva). In media, per i tre indicatori associati a domanda, produzione e fatturato, si riscontra un aumento del 6,4% rispetto ai livelli del semestre gennaio-giugno 2020, periodo per il quale era stata rilevata una decelerazione di quasi il 18% rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente. Ad aggravare i problemi vi è l’acquisto delle materie prime: le imprese comasche, secondo quanto emerso dall’indagine, hanno sperimentato, alla fine dello scorso anno, un rincaro dei prezzi. Le realtà lariane competono sui mercati internazionali realizzando poco meno di un terzo del proprio fatturato all’estero. Le esportazioni sono principalmente dirette verso Europa occidentale, Est Europa, Stati Uniti.
“C’è ancora incertezza per i prossimi mesi – commenta il presidente di Confindustria Como, Aram Manoukian – Preoccupano in modo particolare il comparto tessile-abbigliamento e quello turistico, settori importanti per il territorio fortemente penalizzati dalle misure di contenimento”.
La situazione resta difficile anche sul fronte della cassa integrazione, come emerge dal primo rapporto della Uil del Lario. In provincia di Como a gennaio 2021 erano 11.627 i lavoratori in cassa, con quasi 2 milioni di ore richieste. “Anche il 2021 è iniziato male, così come è finito il 2020 – commenta il segretario generale della Cst Uil del Lario, Salvatore Monteduro – Ancora una volta si ribadisce la necessità di prolungare il divieto dei licenziamenti e la cassa integrazione. La pandemia ancora oggi è artefice di continue chiusure di attività produttive”.