Gli effetti catastrofici del coronavirus sull’economia, falciano anche i conti della Ratti.
Il consiglio di amministrazione dell’azienda di Guanzate ha esaminato i dati delle vendite dei primi nove mesi del 2020 e il responso è stato inequivocabile. Il fatturato della fabbrica simbolo della seta comasca è calato a 49,8 milioni: 40,9% in meno di un anno fa, quando nello stesso periodo erano stati registrati ricavi per 84,23 milioni di euro. Una perdita di oltre 34 milioni, che la società quotata in Borsa e quindi obbligata a rendere noto, ogni tre mesi, l’andamento dei propri conti, ritiene da attribuire alla pandemia e alle conseguenti restrizioni alle attività: «Il calo delle vendite –spiega la società- ha riguardato tutte le aree di business. Con riferimento ai poli di maggiore dimensione, il polo del lusso (Luxe) registra una contrazione delle vendite di 18,1 milioni, pari a -42,9%, collegata in particolare al segmento dei tessuti per abbigliamento, mentre il polo collezioni registra una diminuzione di 8 milioni di euro (-42%), relativa in particolare ai segmenti abbigliamento e camiceria».
Anche l’andamento delle vendite per area geografica evidenzia una diminuzione diffusa in tutti i principali «mercati di sbocco, con particolare riferimento alle vendite sul territorio domestico (-17,5 milioni di euro, pari a un calo del 46,4%) e nei Paesi dell’Unione Europea (-9,3 milioni di euro, il 34,2%).
Addirittura dimezzato, in termini percentuali, il mercato degli Stati Uniti (che in valore assoluto è tuttavia inferiore ai 2,5 milioni di euro).
«Negli ultimi mesi – si legge ancora nella nota inviata dalla Ratti ieri pomeriggio – la recrudescenza del virus a livello globale ha continuato a condizionare in maniera negativa la situazione economica generale. La significativa diffusione del virus in molti Paesi del mondo, con particolare riferimento ai Paesi dell’Unione Europea, ha reso necessaria una nuova serie di restrizioni alle attività ed agli spostamenti, impedendo di fatto una piena ripresa dei consumi. Tali fattori continuano a influenzare negativamente la situazione economica e il settore tessile-moda».