Prima udienza, oggi, in Tribunale a Como, per la “rapina del secolo”, il colpo ai danni di due furgoni portavalori, che l’8 aprile 2013 fruttò ai banditi armati di kalashnikov dieci milioni, quasi interamente in lingotti d’oro.
L’imputato è uno solo, Giuseppe Dinardi, il 51enne originario di Bari e residente a Cologno Monzese. Per la procura di Como, era la mente del commando lombardo-pugliese che avrebbe agito quel giorno. Una ventina di persone almeno, poi fuggite senza lasciare tracce apparenti. Un altro presunto complice, Antonio Agresti, 43 anni pugliese, ha già rimediato 20 anni in Abbreviato.
Oggi, durante l’udienza, un ispettore della Squadra Mobile di Como ha spiegato come il primo tassello dell’indagine fu il ritrovamento di una ricarica telefonica nel magazzino di Origgio usato per ricoverare i mezzi della rapina. Sono state poi sentite come testimoni dell’accaduto anche le guardie giurate (non indagate). Sulla dinamica del colpo restano da chiarire diversi punti, ad esempio come facessero i malviventi ad avere le chiavi del portellone che trasportava l’oro. «Il portellone del furgone blindato è stato aperto con le chiavi», ha detto infatti il pm Antonio Nalesso.
Le chiavi del caveau del blindato erano comunque «a disposizione di tutti» – hanno detto gli agenti in aula – «tenute in un sacchetto di plastica» che veniva lasciato sul furgone anche «quando veniva portato in officina per le riparazioni».