Sette imprese su dieci hanno fatto ricorso alle misure di sostegno per fronteggiare carenze di liquidità. Di queste sette, circa la metà ha chiesto un credito aggiuntivo, l’altra metà ha preferito la moratoria.
Sono i dati emersi da un’indagine nazionale sulle imprese di Cna, sigla che rappresenta gli artigiani. “Ma i numeri sono in linea con quelli delle aziende lariane”, precisa Ivano Brambilla, segretario della Cna Lario e Brianza, “lo vediamo dai termometri della nostra associazione, a partire dai consorzi fidi”.
Nel pieno dell’emergenza, aggiunge Brambilla, il problema è stata la mancanza di uniformità nel comportamento delle banche. “Dopo il decreto Liquidità, se dieci nostri soci si rivolgevano a dieci istituti, ricevevano dieci risposte differenti sulla procedura da avviare. Abbiamo segnalato la problematica ai rappresentanti dell’Abi e la situazione è migliorata. Oltre tremila aziende in provincia di Como hanno ottenuto credito, con medie di 46mila euro. Ora – prosegue Brambilla – l’emergenza, la necessità assoluta della fase due è invece la velocità di risposta. Servono tempi rapidi, altrimenti si frena la capacità di ripresa e quindi la possibilità di lasciarsi alle spalle questo anno orribile. Non possiamo aspettare lungaggini o incertezze come accaduto nel decreto liquidità o nella cassa integrazione. Anche perché – prosegue il rappresentante degli artigiani – bisogna programmare l’attività dell’anno. Le scadenze contributive sono state rinviate, non annullate. E non per tutti la ripresa sarà immediata: alcune attività, come bar e ristoranti, nei prossimi mesi hanno una previsione di incassi più bassa, mentre le spese fisse restano costanti. Anzi – conclude Ivano Brambilla – in alcuni casi crescono: basti pensare alle spese di sanificazione o di adeguamento alle normative anti contagio”.