“Caro papà, a me piace tanto quando sei a casa e mi annoia quando sei al lavoro. Ho anche un po’ di paura che quando curi un paziente lui abbia il Covid-19 e che ti infetti e quindi che tu ti possa ammalare”.
Nel giorno della festa del papà, questo è il messaggio che Achille, 8 anni, ha scritto ad Alessandro, infermiere del 118 di Como. Un testo scritto in stampatello, con la calligrafia di un bambino che esprime in modo semplice, chiaro e sincero l’amore per il papà e la paura per l’epidemia di coronavirus.
“Sono stanco di sentire ogni giorno il coronavirus sul telegiornale e sono anche un po’ agitato perché penso che se tu potresti morire la mia vita potrebbe cambiare senza ridere a crepapelle con i tuoi scherzetti e il tuo solletico. Ti voglio tanto bene”.
“Ho letto con sorpresa la tua letterina e mi sono accorto di quanto a volte, le parole dette possano pesare sui tuoi pensieri – risponde papà Alessandro – Come tutti quelli che sono al lavoro in questi giorni, è inutile e sarebbe da sciocchi dirti una bugia, sono sempre stato abituato a dirti la verità, papà si potrà ammalare. Ma ti prometto che andando al lavoro faremo tutto ciò in nostro potere per non prendere questa brutta influenza, ci proteggeremo, indosseremo la mascherina, e laveremo tanto tanto le mani”.
“In questi giorni, ti stai stancando dei bollettini della televisione, del nostro lavoro, del nostro alternarci sui turni, della reclusione in casa – continua papà Alessandro – Mi rattrista guardarti davanti ai vetri, aspettando il giorno in cui questa quarantena finirà. Ma finirà tutto questo finirà te lo prometto. La cosa più importante di tutte? Tornerò ad abbracciarti presto come una volta, tenendoti stretto a me senza la paura che questo virus, varchi la soglia della nostra casa”.