(ANSA) – JESI, 24 APR – Niente simboli o bandiere, ma solo candele accese e un mazzo di chiavi da far tintinnare lungo il percorso di una fiaccolata, per dire no alla violenza di genere. E’ quanto chiedono oltre 30 associazioni di Jesi (Ancona) a chi parteciperà all’iniziativa che si terrà lunedì 28 aprile alle ore 21 nella città marchigiana, con partenza dall’Arco Clementino e arrivo in Piazza della Repubblica. Dal 2007 lo sportello antiviolenza Casa delle Donne di Jesi ha accolto oltre 600 vittime. Ai partecipanti si chiede durante la fiaccolata, di far tintinnare lungo il cammino il loro mazzo di chiavi, "un rumore semplice, ma potente, perché il silenzio non cada mai più sulla violenza di genere. Accendiamo una luce. Facciamo rumore. Per non restare in silenzio. Per cambiare". "Una città unita per fare rumore e dire basta ai femminicidi", è lo slogan dalla fiaccolata patrocinata dal Comune di Jesi, e organizzata "per stringersi insieme, in silenzio ma con determinazione, contro una delle più gravi emergenze sociali del nostro tempo". Secondo dati del Ministero dell’Interno, nei primi due mesi del 2025 sono state uccise sei donne, ed altre cinque dall’8 marzo al 2 aprile. La violenza per mano maschile colpisce anche persone trans: l’osservatorio sulla violenza di genere indica che il numero totale dei femminicidi lesbicidi transcidi nel 2025 sono 24. E’ un fenomeno globale e diffuso, che non risparmia alcun contesto, spiegano i promotori della fiaccolata: "dal 2007 ad oggi, lo Sportello Antiviolenza Casa Delle Donne di Jesi ha accolto e sostenuto oltre 600 donne e giovani donne nel loro personale percorso di consapevolezza e uscita dalla violenza maschile. Le donne e le ragazze che si rivolgono alla Casa Delle Donne sono in costante aumento e c’è una crescita notevole anche per le segnalazioni di casi di violenza da parte di terzi che chiedono informazioni e consigli su cosa poter fare per aiutare chi è vittima di violenza di genere". Ai governi locali e nazionali, le 30 associazioni promotrici chiedono di "investire in Case Rifugio, Centri e Sportelli Antiviolenza, corsi di educazione all’affettività in tutte le scuole"; "Non possiamo continuare a considerare le donne che muoiono come semplici vittime di violenza. A ciascuna di loro dobbiamo restituire dignità, riconoscere il diritto all’autodeterminazione e garantire la possibilità di vivere una vita libera dalla paura". (ANSA).