(ANSA) – ROMA, 23 APR – La Procura di Foggia, nell’ambito di un procedimento per resistenza a pubblico ufficiale, ha chiesto al Tribunale di sollevare questione di legittimità costituzionale in rapporto a due disposizioni del decreto-sicurezza (d.l. n. 48/2025) che hanno introdotto altrettante circostanze aggravanti applicabili al caso in discussione. Si tratta di una delle prime memorie con le quali a ravvisare dubbi di legittimità costituzionale sul decreto-sicurezza è un pubblico ministero. Il giudice si è riservato sulla questione, rinviando all’udienza che si terrà il 17 giugno 2025. Lo rende noto la rivista giuridica ‘Sistema penale’ diretta dal professore Gian Luigi Gatta, presidente dell’Associazione italiana dei professori di diritto penale. Il caso oggetto del giudizio riguarda alcuni imputati chiamati a rispondere di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali nei confronti di due agenti di polizia giudiziaria/di pubblica sicurezza operanti nel compartimento di polizia ferroviaria presso la stazione di Foggia. Il p.m. contestava pertanto due nuove circostanze aggravanti introdotte dagli artt. 11 co. 1 e 19 co. 1, lett. b), del decreto legge 11 aprile 2025, n. 48: in rapporto alle lesioni, l’aggravante comune ex art. 61 n. 11 decies, per aver «commesso il fatto all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri»; in rapporto alla resistenza a pubblico ufficiale, la neointrodotta circostanza speciale ex art. 337 co 3, prevista per il caso in cui «la violenza o minaccia è posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un atto di ufficio». In relazione a tali innovazioni normative, la Procura di Foggia rileva una possibile incompatibilità con gli artt. 3, 25, 27 e 77 co. 2 Cost., sollecitando il Tribunale a sollevare eccezione d’incostituzionalità. Le norme in esame, infatti, non risponderebbero a canoni di ragionevolezza e di coerenza, creando disparità di trattamento per fatti analoghi. In secondo luogo, l’introduzione delle aggravanti tramite decreto-legge avrebbe compresso le prerogative del Parlamento nel processo di definizione delle scelte di criminalizzazione, compromettendo al contempo la conoscibilità delle norme da parte dei cittadini per l’assenza di un adeguato periodo di vacatio legis. Non sussisterebbero, infine, secondo la Procura, i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza prescritti dalla Costituzione. Il decreto-legge, infatti, si limiterebbe a un’apodittica affermazione della sussistenza dei presupposti richiesti, mentre la sua adozione — dopo oltre un anno di dibattito parlamentare — lascerebbe trasparire il reale intento alla base del ricorso alla decretazione d’urgenza: quello di «accelerare, se non addirittura vanificare, il procedimento legislativo ordinariamente previsto dagli artt. 72 e seguenti della Costituzione». (ANSA).