(ANSA) – CATANZARO, 21 APR – E’ ancora forte in Calabria l’eco della scomunica dei mafiosi che Papa Bergoglio, scomparso oggi a Roma, pronunciò assieme alla richiesta di combattere la ‘ndrangheta "perche’ adora i soldi e disprezza il bene". Una condanna senza appello quella di Papa Francesco il 21 giugno del 2014, nella Piana di Sibari, davanti a duecentomila fedeli in chiusura della visita pastorale a Cassano allo Ionio (Cosenza). Un anatema netto e inquivocabile, in stretta continuità con quello di Giovanni Paolo II ad Agrigento del ’93, quando Papa Wojtyla chiese ai mafiosi di convertirsi, ammonendo che un giorno sarebbe venuto il giudizio di Dio, e anche questo pronunciato con fermezza in una terra ricca di risorse ma profondamente segnata dalla presenza delle organizzazioni criminali. "Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro – disse Papa Bergoglio nell’omelia – si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione. Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta e’ questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati". Fortissimo fu anche il riferimento alla tragica morte di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni, ucciso e bruciato vivo assieme al nonno e alla compagna di questi, nell’ambito di contrasti nel mondo della ‘ndrangheta poco tempo prima proprio nelle campagne di Cassano allo Ionio. "Mai piu’ bimbi vittime di tali atrocita’ – disse il Papa nel carcere di Castrovillari incontrando alcuni parenti del piccolo – mai piu’ vittime della ‘ndrangheta. Dio mai condanna, sempre perdona, ma mai perdona soltanto, sempre perdona e accompagna, tutti". (ANSA).