(ANSA) – BOLOGNA, 20 MAR – "Voglio precisare che non siamo stati noi genitori a uccidere nostra figlia. Abbiamo fatto molta fatica a crescere i nostri figli. Ho forte dolore, dal momento in cui l’ho scoperto fino ad oggi. Lo avrò per tutta la vita". Anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, condannato all’ergastolo in primo grado, ribadisce nelle dichiarazioni spontanee in Corte di assise di appello l’estraneità sua e della moglie all’omicidio della 18enne, morta tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021 e ritrovata sepolta vicino a casa, un anno e mezzo dopo. "Come ha detto mia moglie noi uscimmo di casa, lei (Saman) andò nella strada, era buio, non abbiamo visto nulla", ha aggiunto l’imputato, parlando in pachistano e tradotto da un interprete. "Pochi momenti prima c’era stata una chiamata di Saman, che aveva fatto dal bagno: ha detto ‘vieni a prendermi’. Pensavo fosse il ragazzo con cui stava e per quello chiamai Danish per dirgli: fatevi trovare per dargli una lezione, ma non picchiatelo troppo", ha aggiunto, ribadendo un racconto già fatto da lui, nelle dichiarazioni al termine del processo in primo grado a Reggio Emilia. "Uscii di casa per vedere che non facessero qualcosa di grave, ma non ho visto nessuno, non ho sentito nessuna voce. La mattina dopo chiesi a Danish cosa avevano fatto col ragazzo, mi dissero che non avevano fatto niente, non erano neanche venuti sul posto". Poi "siamo partiti per il Pakistan". (ANSA).