(ANSA) – ROMA, 12 MAR – Imparare a imparare, autonomia di pensiero e azione, problem solving, intraprendenza e doti di leadership. Sono alcune delle abilità trasversali che chi parte per un’esperienza all’estero da adolescente dimostra di acquisire. È quanto emerge dallo studio che Intercultura ha affidato a Ipsos coinvolgendo 958 ex partecipanti ai suoi programmi all’estero partiti tra il 1977 e il 2021 e confrontando le loro risposte con un campione rappresentativo di 250 italiani. Tra chi è partito, rispondono ben tre generazioni di quelli che allora erano studenti e che oggi hanno dai 20 ai 64 anni. Tra questi, il 68% cita Intercultura come l’esperienza che ha contribuito a rendere loro le persone che sono oggi. Secondo l’indagine, grazie al periodo trascorso all’estero "si sviluppano parallelamente competenze linguistiche superiori alla media vantando la conoscenza di almeno un’altra lingua oltre all’inglese". Tra queste: cinese, russo o arabo. L’esperienza trascorsa in altri stati diventa, quindi, un vero e proprio "passaporto per il mondo". Le competenze linguistiche e professionali acquisite favoriscono, infatti, "un approccio al lavoro più dinamico e proattivo". Il 51% dei partecipanti lavora in contesti esteri o presso aziende multinazionali così come si cercano modalità di lavoro flessibili e ibride che garantiscano un maggiore equilibrio tra vita privata e lavorativa. Per gli ex partecipanti, il lavoro è uno strumento di crescita personale e non si rinuncia ad "autonomia, cambiamento e contributo sociale". Inoltre, il 55% di chi è stato all’estero con Intercultura dice di aver trovato o cambiato facilmente lavoro (a fronte del 26% del campione di italiani) e il 74% di affrontare positivamente le sfide e il cambiamento (contro il 38% degli italiani). Secondo quanto emerge dallo studio, conoscere un’altra cultura da adolescenti sviluppa atteggiamenti di inclusività e cittadinanza globale attiva. Tra chi è partito con Intercultura, infatti, "si rileva una maggiore attenzione e predisposizione verso l’accettazione e la valorizzazione delle diversità, che sottolinea una coscienza sociale evoluta e sensibile a tematiche di equità; inclusività (di genere, disabilità, diritti Lgbtq+), cittadinanza attiva, sostenibilità ambientale". Chi ha fatto un’esperienza di studio all’estero da giovane mostra, inoltre, "un forte attaccamento al proprio Paese" e allo stesso tempo "una mentalità globale". La fiducia nelle istituzioni sovranazionali e l’impegno attivo verso la risoluzione di problemi globali, riflette poi uno spiccato senso di responsabilità individuale e collettiva. Studiare all’estero sensibilizza, secondo la ricerca, verso tematiche universali, spingendo gli individui a diventare cittadini più consapevoli e partecipativi. Anche la fiducia per le istituzioni locali, europee e sovranazionali è più elevata tra chi è partito. Quest’ultima è pari al 66% tra gli ex partecipanti rispetto al 53% degli italiani, e dell’81% è la fiducia nei confronti dell’Unione Europea, contro il 54% degli italiani. (ANSA).