(ANSA) – GENOVA, 28 FEB – La procura di Genova ha nominato due consulenti per capire che tipo di esplosivo sia stato usato per colpire la Seajewel, la petroliera battente bandiera maltese danneggiata due settimane fa in un attentato mentre era in rada al largo di Savona. A fare le analisi saranno l’ingegnere navale Alfredo Lo Noce e il capo ufficio del Nucleo Regionale Artificieri Liguria Federico Canfarini: i due esperti andranno in Grecia per un sopralluogo sulla nave una volta messa in secco. Gli inquirenti non hanno sequestrato la nave perché il costo sarebbe stato troppo elevato. Dalle analisi, gli inquirenti dovranno risalire al tipo di esplosivo impiegato dagli attentatori e scoprire dove sia avvenuta l’azione, se al largo di Savona o altrove, prima dell’arrivo del cargo in rada. Il procuratore capo Nicola Piacente e la pm della Dda Monica Abbatecola avevano aperto un fascicolo per naufragio aggravato dal terrorismo. L’ipotesi principale su cui lavorano gli investigatori della digos e della Capitaneria è quella di un sabotaggio fatto da filoucraini visto che la Seajewel era stata indicata come legata alle flotte fantasma che aggirano l’embargo sul petrolio russo. Nelle scorse settimane aveva subito un attacco anche la nave gemella Searcharm. Sulla vicenda indagano anche le autorità greche secondo le quali negli attacchi potrebbero essere state usate mine di tipo BPM1 o BPM2. Gli investigatori aspettano anche i risultati delle analisi del greggio. Se dovesse emergere che si tratta di petrolio russo potrebbero essere contestati altri reati. In caso di violazione dell’embargo, la norme prevedono che le violazioni siano punibili con una pena massima di sei anni. La reale provenienza del petrolio, oltre che dalle analisi, può arrivare dalla ricostruzione della rotta dell’imbarcazione, dal controllo dei certificati di origine della merce e dalla documentazione presente a bordo. Se dovessero emergere delle irregolarità, in questi casi, potrebbe essere contestato il falso. Dai primi rilievi degli artificieri e dei sommozzatori del Comsubin è emerso che la prima esplosione ha fatto staccare il secondo ordigno che così non ha potuto causare danni più gravi, come la fuoriuscita del petrolio in mare o l’affondamento della petroliera. (ANSA).