(ANSA) – CATANIA, 27 FEB – Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito una verifica fiscale nei confronti di una società per azioni, con sede legale a Catania, operante nel settore del trattamento e smaltimento di rifiuti non pericolosi, rilevando una serie di violazioni alla normativa tributaria e ricostruendo una maggiore base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap per oltre 95 milioni di euro nonché un’Iva evasa pari a 1,8 milioni di euro. A conclusione dell’ispezione i militari hanno denunciato alla Procura il titolare dell’azienda e i rappresentanti delle società che hanno emesso le fatture "false", rispettivamente, per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’attività ispettiva trae origine da un’indagine di polizia giudiziaria conclusa con l’esecuzione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali, emessa dal gip su richiesta della Procura nei confronti di 9 indagati, compreso il legale rappresentante dell’azienda e suoi familiari e collaboratori, a vario titolo indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode nelle pubbliche forniture e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Secondo militari del nucleo Pef delle Fiamme gialle la società, dal 2018 al 2020, avrebbe omesso di fatturare ricavi per circa 3,5 milioni di euro derivanti dal conferimento nel proprio impianto di compostaggio di ingenti quantità di rifiuti umidi da parte di altra impresa, appartenente alla medesima compagine societaria. Finanzieri hanno riscontrato che, nello stesso periodo, la società ha dedotto indebitamente spese relative sia a una serie di fatture contabilizzate per il trasporto mai avvenuto di materiale inerte sia ai cosiddetti "costi da reato", ovvero quegli oneri, calcolati in oltre 90 milioni di euro, che l’impresa ha indicato in bilancio a fronte dell’attività di illecito smaltimento dei rifiuti. Secondo l’accusa i rifiuti organici introdotti in discarica venivano spesso riversati direttamente nelle vasche di abbancamento senza subire il necessario trattamento di biostabilizzazione, della durata di circa 15-20 giorni, riducendone indebitamente l’intero ciclo di lavorazione e, al contempo, aumentando la capacità dell’impresa di trattare una maggiore quantità di prodotto, con conseguenti maggiori guadagni. Sono stati inoltre individuati molteplici casi di sovrafatturazione con l’emissione di fatture gonfiate su spese mai sostenute. (ANSA).