(ANSA) – ROMA, 28 GEN – Con un momento commemorativo alla judenrampe, il binario dove venivano scaricati gli ebrei destinati alla morte, è iniziata l’ultima e più importante giornata del Viaggio della Memoria di Roma Capitale, quella dedicata alla visita di Auschwitz-Birkenau. Con i 142 ragazzi da tutta la provincia il sindaco Roberto Gualtieri, insieme al presidente della Comunità ebraica Victor Fadlun e al presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, ha deposto una pietra sul vagone lasciato sul posto a memoria di quanto accaduto. Il sindaco ha deposto anche una corona di Roma Capitale. A rendere omaggio al luogo dove, ha spiegato lo storico Marcello Pezzetti, sono arrivati la maggior parte degli ebrei deportati a Auschwitz, tra cui Shlomo Venezia e le sorelle Bucci, hanno deposto pietre anche tre ragazzi: la nipote di un deportato del 16 ottobre a rappresentanza degli ebrei romani, una giovane polacca la cui nonna fu deportata a Birkenau per aver aiutato gli ebrei, un ragazzo di origine rom. Il presidente Fadlun ha suonato uno shofar, un corno rituale della tradizione religiosa ebraica. Gli ebrei del 16 ottobre, quelli da Roma, furono accolti dal comandante del campo in persona perché erano "gli ebrei del papa e volevano vederli". Tornarono solo in 16. "I neonati furono messi in un lenzuolo e uccisi sbattendoli contro le fiancate dei camion – ha raccontato Pezzetti ai ragazzi sbigottiti – Chi degli adulti non ce la faceva veniva ucciso sul posto. Questo era un luogo di scarico ma anche un luogo di morte". Il dottor Mengele in persona selezionò gli ebrei romani: "Chi vuole arrivare al campo col camion può salire" disse. Chi sali sul camion fu direttamente gassato. All’interprete che gli chiese perché, il medico nazista rispose: "Chi non vuole camminare un po’ per il Reich non merita di vivere". Il luogo della cerimonia si trova però, ha spiegato Pezzetti, al di fuori del perimetro di Birkenau e nonostante i divieti, attorno al vagone sono sorte abitazioni e villette. "C’è la necessità di impegnarsi – ha detto Gualtieri – per tutelare questo sito come luogo di commemorazione e non un luogo dove si fanno i barbecue e ci sono le case. È una profanazione e condivido l’appello di Marcello Pezzetti. E se è una profanazione, la presenza di queste case è anche qualcosa che ci fa riportare alla mente la normalizzazione della Shoah nelle vite di allora. Questa orribile commistione tra vita quotidiana e Judenrampe è quasi un documento di com’era allora: il genocidio degli ebrei, lo sterminio dei rom e delle minoranze avvenuti all’interno di una presunta vita quotidiana normale. E questa banalità del male va sempre ricordata perché ci dice che il male può tornare". (ANSA).