(ANSA) – MILANO, 20 GEN – "Al momento dell’incendio, ero appena uscito e mi chiamò un vicino di casa dicendo di tornare. Dopo pochi minuti, l’edificio era già avvolto dalle fiamme. Il mio appartamento era distrutto ed è andato perduto tutto quello che avevo". Lo ha ricordato in aula Mirko Berti, proprietario di una delle abitazioni della Torre dei Moro di Milano, durante la testimonianza al processo a carico di 13 persone per disastro colposo per il maxi rogo, senza vittime, del grattacielo di 18 piani che prese fuoco il 29 agosto del 2021. Davanti al giudice Amelia Managò della sesta sezione penale, Berti ha raccontato che abitava al sedicesimo piano del palazzo, in un appartamento acquistato nel 2010 per circa 600mila euro. "Dopo l’incendio – ha detto -, i costruttori non si sono mai resi disponibili per un colloquio, si sono subito trincerati nel silenzio. Siamo vittime di una situazione che ha sconvolto la nostra vita, che ci ha portato via non solo cose materiali. Abbiamo avuto danni enormi, anche lavorativi. È stato difficile ripartire. Ancora oggi vado a casa e cerco cose che non ho più". Il teste ha parlato dei pannelli Larson, prodotti dall’azienda spagnola Alucoil e usati nelle facciate "a vela" che, stando alle indagini della pm Marina Petruzzella, erano "altamente infiammabili". "Ci avevano detto che erano autopulenti – ha sottolineato – e invece, dopo qualche tempo, erano diventati grigi. Si potevano lavare con panni bagnati e strizzati, solo che non funzionava e anzi la situazione peggiorava". Oggi è stato sentito anche l’architetto Roberto Maccabruni, consulente della Procura. Il tecnico ha affermato che "inizialmente la torre prevedeva materiali in fibrocemento". Una volta cambiato il materiale, "il progetto antincendio prevedeva solo una nuda e cruda sezione in cui la facciata non si vedeva proprio". Secondo l’inchiesta, l’incendio partì da uno dei balconi del palazzo a causa di una sigaretta accesa e il grattacielo si trasformò in una "torcia". (ANSA).