Moschera di Cantù: non è finita. La querelle, che va avanti ormai da dieci anni, si arricchisce di un nuovo capitolo giudiziario: il Consiglio di Stato sospende la sentenza che dava ragione alla comunità islamica.
Ai lati oppositi l’associazione Assalam, che lotta per vedere riconosciuto come moschea l’immobile di via Milano, e il Comune di Cantù, a trazione leghista, che si è sempre opposto al luogo di culto islamico.
La giunta canturina a novembre aveva deciso di opporsi alla sentenza del Tar che, accogliendo il ricorso degli islamici, aveva imposto al Comune di autorizzare di fatto l’apertura del luogo di culto entro 30 giorni.
“Andremo fino in fondo perché siamo convinti della necessità di rispettare la legge – diceva il sindaco di Cantù, Alice Galbiati – Il nostro piano di governo del territorio non consente in quell’area un luogo di culto”.
Il Consiglio di Stato, nelle scorse ore, ha sospeso la sentenza di primo grado. Tra i primi a darne notizia il canturino Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno. “Una battaglia, quella contro la moschea cittadina, politica e culturale oltre che giuridica, di civiltà e di identità dalla quale mai arretreremo – ha detto Molteni – . La convivenza religiosa non si esercita nella plateale violazione dell’ordinamento nazionale e dei valori del mondo occidentale, e la rivendicazione dei diritti si deve sempre accompagnare al rispetto dei doveri in una logica di reciprocità”.
“Il Consiglio di Stato, ritenendo la questione complessa, ha inteso anticipare l’udienza di merito e, nel frattempo, sospendere l’esecutività della sentenza di primo grado, senza però esprimersi nel merito che sarà oggetto discussione all’udienza pubblica del 13 marzo 2025 – spiegano Vincenzo Latorraca e Michela Luraghi, avvocati dell’associazione Assalam – Confidiamo che nel giudizio fissato a breve emergano le ragioni e i diritti dell’associazione che, da oltre dieci anni, lotta per poter avere finalmente un luogo in cui riunirsi e pregare”.