(ANSA) – ROMA, 22 LUG – Dura presa di posizione della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università Italiane, dopo la proposta di legge per l’abolizione dell’uso del genere femminile per i titoli professionali e pubblici. La Conferenza ribadisce che "imporre l’uso delle forme maschili significa sostenere implicitamente che i ruoli di responsabilità debbano essere attribuiti prioritariamente a uomini, al punto da considerare ogni differente possibilità come un”eccezione’ trascurabile a questa presunta regola data, di fatto occultata e resa indicibile nella sua corretta attribuzione di genere". "Ribadiamo con forza che il principio di non discriminazione passa anche attraverso il linguaggio. Utilizzare termini come ‘sindaca’, ‘questora’, ‘avvocata’, ‘rettrice’ e ‘medica’ è un atto di giustizia e riconoscimento per tutte le donne che con competenza e dedizione occupano queste posizioni o vi aspirano. In particolare, nel contesto universitario questo disegno di legge sarebbe andato espressamente contro le linee guida del Miur per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo". "Invitiamo tutte le forze politiche, le istituzioni e la società civile a vigilare su questi tentativi estemporanei di arretramento culturale, e a continuare a promuovere un linguaggio che rispetti e valorizzi tutte le persone. Difendere l’uso del genere femminile nei titoli professionali e istituzionali non costituisce solo la garanzia di un corretto uso della lingua e della grammatica italiana, ma è una questione di tutela dei diritti civili di tutte e tutti, di giustizia sociale e di rispetto delle differenze, altrimenti trasformate in inaccettabili e obsolescenti disuguaglianze". (ANSA).