(ANSA) – MILANO, 17 MAG – Alberto Genovese, l’ex imprenditore del web già condannato definitivamente a 6 anni e 11 mesi di reclusione per aver drogato e violentato due ragazze, si è presentato stamani in aula a Milano per il processo a porte chiuse con rito abbreviato che lo vede imputato per un secondo filone di indagine con al centro ulteriori accuse, tra cui episodi di abusi sessuali nei confronti di altre due giovani, che sarebbero stati commessi con lo stesso schema, ossia rendendole incoscienti con un mix di droghe. Oggi, davanti al gup Chiara Valori, si tiene l’interrogatorio richiesto da Daniele Leali, l’ex braccio destro dell’imprenditore e anche lui in aula, imputato per intralcio alla giustizia e cessione di droga negli ormai noti festini di Terrazza Sentimento. Poi, i pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini prenderanno la parola per le richieste di condanna. La sentenza arriverà poi in altra data. Un’udienza è già fissata per luglio. A Genovese, in carcere per espiare la pena e che è anche imputato in un altro procedimento per una presunta evasione fiscale, i pm Stagnaro e Filippini e l’aggiunto Letizia Mannella, nelle indagini della Squadra mobile, come si legge nel capo di imputazione, hanno contestato più "ipotesi di violenza sessuale". Violenze che sarebbero avvenute tra il marzo 2019 e il novembre 2020 nei confronti di una modella 22enne, in un caso anche "con la collaborazione" dell’ex fidanzata Sarah Borruso, anche lei imputata in abbreviato. I due sono, poi, imputati per un tentativo di abuso su una 28enne che risale al febbraio 2020. Secondo la Procura, l’ex fondatore di start up digitali avrebbe agito sempre quando le giovani erano "in stato di semi incoscienza". L’accusa di intralcio alla giustizia (contestata a Genovese e Leali) riguarda, invece, il tentativo di offrire, prima dell’arresto dell’imprenditore avvenuto nel novembre 2020, poche migliaia di euro alla modella 18enne (la prima vittima del primo processo) in cambio di una sua ritrattazione su quelle 20 ore di violenze avvenute un mese prima. L’ipotesi di detenzione di materiale pedopornografico per Genovese, infine, riguarda la cartella chiamata "La Bibbia 3.0" nella quale la Polizia postale trovò immagini di minori. (ANSA).