(ANSA) – VARESE, 18 APR – Sette mesi di detenzione (5 in carcere e due ai domiciliari) e un’azienda persa. Erminio Diodato, imprenditore di Vergiate (Varese), arrestato ingiustamente nel luglio 2020, e assolto nel giugno dell’anno successivo, ha vinto contro la ‘non giustizia’. L’accusa era di detenzione di droga ai fini di spaccio. Assistito dall’avvocato Daniele Galati, che ha trovato le prove che lo hanno scagionato dalle accuse, Diodato ha ottenuto un risarcimento dallo Stato pari a 60mila euro, come ha deciso la Corte d’Appello di Milano accogliendo la richiesta per l’ingiusta detenzione. Certo non quanto era stato chiesto, "ma almeno abbastanza per ricominciare, visto che il mio assistito ci ha rimesso un’attività da 240mila euro all’anno. La richiesta risarcitoria era intorno al mezzo milione", afferma Galati. "Ho perso tutto ciò per cui ho lavorato una vita – spiega Diodato – Quella mattina quando sono stato chiamato non ho nemmeno voluto contattare l’avvocato: sapevo di non aver fatto nulla di male. E’ stato tutto doloroso e surreale, come se parlassero di un’altra persona". I poliziotti avevano trovato, da telefonata anonima, oltre due chili di cocaina e una pressa che, secondo gli inquirenti, sarebbe servita per confezionare i panetti di stupefacente in un deposito della società di Diodato. Per lui sono scattate le manette così come per un albanese di 43 anni che ha subito confessato di essere il solo responsabile per la droga, scagionando Diodato che è comunque rimasto in carcere. "Già dopo i primi 10 giorni dall’arresto c’erano elementi tali da far cadere la custodia cautelare in carcere – prosegue il legale – Anche le impronte dattiloscopiche trovate sui panetti di stupefacente hanno rivelato che Diodato non li aveva mai toccati: c’erano solo le impronte dell’altro arrestato". Adesso è arrivato il risarcimento per i 145 giorni di ingiusta detenzione. (ANSA).