(ANSA) – SARAJEVO, 17 APR – Al tribunale di Sarajevo si è tenuta oggi una nuova udienza nel processo che vede imputato il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik con l’accusa di mancato rispetto delle delibere dell’Alto rappresentante internazionale in Bosnia-Erzegovina Christian Schmidt. Con lui viene processato con la medesima accusa anche Milos Lukic, direttore della Gazzetta ufficiale della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina di cui Dodik à presidente. Tale organo di stampa si rifiuta anch’esso di pubblicare decreti e decisioni di Schmidt, la cui legittimità non è riconosciuta dall’entità serba e dalla sua dirigenza. Tale reato di disobbedienza viene punito in base alla legge bosniaca con la reclusione da sei mesi a cinque anni, e l’interdizione dai pubblici uffici. Nella seduta odierna sono stati ascoltati due testimoni, entrambi in passato direttori della Gazzetta Ufficiale della Rpiblika Srpska. Come già fatto nelle precedenti udienze, Dodik – che al suo arrivo al tribunale è stato nuovamente accolto da centinaia di sostenitori che hanno a lungo scandito il suo nome – ha respinto ogni accusa, ribadendo che non ci sono prove a suo carico e che si tratta di un evidente processo politico per discreditarlo. "Non c’è nessuna prova e tutto si fa con l’improvvisazione ad opera dei giudici", ha detto. Una nuova udienza è stata fissata per il 29 aprile. In una successiva conferenza stampa tenuta a Sarajevo est – città a pochi km da Sarajevo, che fa parte della Republika Srpska – Dodik ha ripetuto la sua insofferenza per la presenza straniera in Bosnia-Erzegovina, che fa di tale Paese a suo dire una sostanziale colonia in balia delle potenze occidentali. "Arrivano gli stranieri e impongono un processo, dicono la loro su procura, tribunali, giudici, e basta. Le cose funzionano così", ha affermato il leader serbo-bosniaco, secondo il quale tale condizione di colonia è alla base della crisi continua e sistematica in cui si trova la Bosnia-Erzegovina. Nell’incontro con i giornalisti, Dodik ha poi ribadito la sua posizione su Srebrenica, affermando che nel luglio 1995 in quella cittadina dell’est della Bosnia-Erzegovina non vi fu nessun genocidio, e che la risoluzione su Srebrenica che verrà votata all’Onu nei prossimi giorni non farà altro che ostacolare ulteriormente gli sforzi di riconciliazione in Bosnia-Erzegovina e nella regione. (ANSA).