Il Lago di Como finisce sulla confezione di un detergente per gabinetti.
Accade in Inghilterra. All’inizio avevamo pensato a un fake, ma il prodotto è in vendita su diversi siti inglesi. Al modico costo di poco più di una sterlina, questo detergente promette non solo di sterminare il 99,9% dei batteri (chissà poi perché nessun detersivo ammazza quello 0.1%, maledetto microrganismo immortale), ma anche di lasciarvi in bagno una fresca fragranza di “Lake Como Dreams”. Sogni sul Lago di Como.
Suggerisco innanzitutto a questi signori del marketing che non sempre il lago ha un odore fresco e delicato con il quale si vorrebbe aromatizzare un bagno. E poi mi chiedo: che diavolo di profumo hanno “i sogni sul lago”? Mah.
Ai non-comaschi avrà forse strappato un sorriso. Ad alcuni comaschi avrà dato fastidio. Ad altri non fregherà nulla. Credo che però alle porte di un’altra stagione turistica la notizia, per quanto leggera e frivola, possa suggerire una riflessione amara, certamente meno profumata di un gel per gabinetti.
Ed è la seguente. Anni fa il Lago di Como era un paradiso seminascosto per una selezionata clientela internazionale. Dove per “selezionata” non s’intende per forza una questione di portafogli (i campeggi in Altolago pullulano di tedeschi e olandesi da trent’anni, molto prima di Instagram), ma di stile. Di educazione. Per clientela selezionata s’intende il turista che, indipendentemente da quanto spende, rispetta il luogo dove va. Che non pretende di strafogarsi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Che non chiede specialità siciliane nella trattoria sul lago o pizza all’ananas nel rifugio di montagna. Che non pensa a fotografarsi e postare foto con facce da scemo e l’hashtag #lakecomo, prima ancora di essersi guardato in giro.
Mi chiedo: di questo passo, cosa cavolo rischia di diventare il Lago di Como? Un luogo invaso da un mal governato turismo di massa, senza infrastrutture e vocazione adeguate, dove scaricare camionate di turisti chiassosi, desiderosi di ritrovare ad Argegno quella delicata fragranza annusata nel gel per i gabinetti? O forse un marchio tanto globale e inflazionato da finire ovunque, a capocchia, persino sulla bottiglia del detersivo per i water?
Attenzione. La povera Venezia ci è passata anni fa. E oggi fa i conti con calli invase da negozi che vendono chincaglierie tutte uguali, flussi incontrollabili di gitanti e goffi tentativi di controllarli (leggasi ticket d’ingresso), desertificazione del centro storico, prezzi alle stelle.
Ecco, speriamo non tocchi la stessa sorte anche a Como. Speriamo che il gel per i gabinetti sia un profumato monito per fermare questa deriva.