Con 5.590 franchi lordi al mese per un impiego nel pubblico o nel privato a tempo pieno lo stipendio in Ticino resta il più basso della Svizzera. Mentre a livello nazionale il salario si attesta a 6.788 franchi mensili.
E’ quanto emerge dalla rilevazione diffusa oggi dall’Ufficio Federale di Statistica, che si riferisce ai dati 2022.
Cifre che viste dall’Italia sembrano consentire un tenore di vita più che agiato ma che rapportate al territorio elvetico vanno riconsiderate. Tant’è che i sindacati tornano a dire che il salario minimo di 5mila franchi è il minimo assoluto.
Gli ultimi dati diffusi mettono in luce che rispetto al 2020 il salario mediano svizzero è aumentato di 123 franchi, mentre quello ticinese di solo 46 franchi.
“Sebbene tra il 2008 e il 2022 la piramide generale dei salari sia rimasta relativamente stabile, sussistono differenze importanti a seconda dei rami economici e dei profili dei dipendenti”. Si legge nel comunicato diffuso.
I livelli di remunerazione salgono – ad esempio – per chi lavora nell’ambito informatico, nel settore bancario, dell’industria farmaceutica o in quella del tabacco, dove la forbice oscilla tra 9mila e i 13mila franchi al mese. Si collocano a metà della piramide i settori delle costruzioni, del commercio all’ingrosso e dell’industria meccanica (si va dai 6400 ai 7400 franchi), mentre fanalino di coda restano il commercio al dettaglio, la ristorazione e i servizi personali (tra i 4mila e i 5mila franchi).
I salari variano anche a seconda del permesso di soggiorno. Per gli incarichi ad alta responsabilità la manodopera straniera percepisce di più rispetto al personale svizzero. Ad esempio i frontalieri con permesso G guadagnano 10.700 franchi, rispetto ai 10.400 degli svizzeri. La situazione si capovolge se si considerano i posti di lavoro che non comportano responsabilità gerarchiche.
A livello geografico se Zurigo è in testa, il Ticino è in coda. “Questa gerarchia salariale – viene precisato nel comunicato – è dovuta in gran parte alla concentrazione di rami economici a forte valore aggiunto in determinate aree, nonché alle specificità strutturali dei mercati regionali del lavoro”.