Oltre 4mila pazienti. Dal suo studio sono passate due generazioni di comaschi in 40 anni di carriera.
I disegni dei bambini riempiono le pareti. Su tutti c’è scritto zia Roby, come l’aveva definita una mamma per tranquillizzare il figlio, perché per loro e per le relative famiglie non è la dottoressa Roberta Marzorati, o semplicemente la pediatra, ma un membro della famiglia. Grazie a quel rapporto che è sempre andato ben oltre l’orario di ambulatorio e il rapporto medico-paziente. Ultimo giorno di lavoro oggi, per lei è il momento della pensione. Il bilancio parla di vite e di storie che si sono intrecciate e di un legame forte, soprattutto per i casi più complessi, che continuerà.
Era il 22 novembre del 1983 quando iniziò a curare i piccoli malati. Dopo quattro decenni molto è cambiato sul fronte sanitario, e tante patologie con le vaccinazioni sono quasi scomparse: “Per questo quando si presenta un caso ci è richiesta ancora più attenzione per la diagnosi”, dice.
Nonostante la carenza di professionisti Marzorati riesce a guardare con fiducia alle nuove generazioni di medici a cui dà solo un consiglio: “saper ascoltare”. Oggi poi le famiglie hanno internet e spesso arrivano in studio già con una presunta diagnosi ma sottolinea: “Mai salire in cattedra, bisogna spiegare e far capire quale è il problema e quale è la soluzione”.
Da domani farà la nonna, si dedicherà alle sue passioni e poi c’è un sogno nel cassetto. “Scrivere un libro, raccontare le storie di vita che ho incrociato nel mio percorso professionale ma ancor prima umano”.