(ANSA) – ROMA, 09 GEN – "Ho vissuto un martirio: ho fatto finta di morire per avere una speranza di vita. E da lì mi sono rimessa in piedi cercando di affrontare questa vita, questo mondo e le leggi che hanno lasciato il mio aggressore praticamente libero perchè da una pena di 21 anni e sceso a 4 di domiciliari e con l’indulto neanche quelli. La cosa più assurda, e qui mi preme dirlo, da 20 anni non ho più un posto di lavoro con il mio corpo martoriato e le cicatrici sul viso. Mentre lui l’aggressore è stato assunto in banca". Lo ha detto Barbara Bartolotti, vittima venti anni fa di una pesante aggressione da parte di un collega. Le sue parole durante l’audizione informale in commissione Lavoro della Camera nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per favorire l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza. All’epoca aveva 29 anni, madre di due figli e con un terzo in arrivo, e lavorava in un’impresa edile. Il 20 dicembre del 2003 a Carini, in provincia di Palermo, il suo collega le diede quattro martellate in testa, una coltellata all’addome, le versò addosso una tanica di benzina e accese il fuoco con un accendino "Perchè noi donne vittime – ha spiegato – non possiamo riottenere quella dignità lavorativa che ci hanno tolto. È assurdo che i nostri aggressori riescono ad avere un posto in banca. Da 20 anni con la mia associazione ‘Libera di vivere’ che si occupa di aiutare quelle donne e quei bambini in difficoltà per ottenere tutto quello che non ho ottenuto io. Spero che questa proposta abbia la sua funzionalità, porto la mia testimonianza, il martirio che ho vissuto, nelle scuole, nelle piazze, nelle chiese, nei circoli. Non mi sono mai fermata e cerco sempre aiuto. Per una donna l’inserimento nel lavoro con uno sfregio permanente come il mio, sul viso e sul corpo, credo che sia legittimo. E spero con tutto il mio cuore, anche per quei cuori che non battono più, di ottenere questa dignità lavorativa, che mi hanno tolto, che ci hanno tolto e che questa società possa cambiare". (ANSA).