Mezzo medico di base ogni mille abitanti. È la triste fotografia della realtà comasca che in base ai dati diffusi da Il Sole 24 Ore si colloca al 102esimo posto su 107 province italiane rispetto a questo indicatore.
Curarsi diventa un’impresa. E nel resto della Lombardia non va meglio. Basti dire che, alla voce professionisti attivi ogni mille residenti, il 101° posto è occupato da Bergamo, il 103° da Monza e Brianza e il 106° da Lecco. Leggermente meglio va a Varese, che pure è 86esima.
Spata: “Allarme già dal 2010 siamo rimasti inascoltati”
“E’ tutta la regione ad essere in queste condizioni” commenta rassegnato Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei Medici di Como e della Lombardia. La prima ripercussione di fronte alla grave carenza, determinata dai pensionamenti che non sono stati compensati dai nuovi ingressi, è che i camici bianchi in servizio si sono visti aumentare il numero di pazienti, e non di poco. “Oggi ogni medico segue in media 1.700 persone, con le situazioni limite di alcune aree periferiche dove il conto supera i 2.300” conferma Spata.
Numeri che anche ai non addetti ai lavori sono chiari e che si concretizzano nella difficoltà ad avere quel rapporto dottore-paziente di una volta. Sempre più rare, ad esempio, le visite al domicilio e per un appuntamento spesso bisogna attendere a lungo al telefono prima di prendere la linea. Laddove questo rapporto si conserva, e per fortuna non sono così rari i casi, è perché il medico si rende reperibile anche fuori orario e cerca di ritagliarsi del tempo extra.
E’ mancato il ricambio generazionale e i motivi sono diversi. Da una parte la poca attrattività della professione ormai troppo burocratizzata come del resto quella ospedaliera – dice ancora Spata – dall’altra la sbagliata programmazione. Già nel 2010 – aggiunge il presidente – i dati ci dicevano che ci saremmo trovati in questa situazione ma a livello ministeriale sono stati ignorati i nostri allarmi. E la prospettiva è che non vedremo un’inversione di tendenza almeno fino al 2026.”
“Bisogna creare le condizioni per incentivare la professione – conclude Spata – e questo vale anche per evitare la fuga dei professionisti non solo in Svizzera ma anche nel resto d’Europa”.
Sanità nel caos tra tempi lunghi e ricorso al privato
Ma la sanità più in generale, e dal Covid in avanti la situazione è solo peggiorata, resta la principale criticità segnalata dai cittadini. Perché chiunque si scontra con tempi di attesa infiniti per alcune tipologie di visite e con la necessità, per accorciare i tempi, di aprire il portafoglio e rivolgersi al privato. Con buona pace di chi non può permetterselo a cui non resta che sperare nella salute e nella buona sorte.