(ANSA) – GENOVA, 20 NOV – "Perché registravo le riunioni? Donferri (uno dei 58 indagati, ndr) insultava l’ad di Spea Galatà. Gliene parlai e mi disse lui di registrare". A dirlo, al processo per crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime), è Marco Vezil, uno degli imputati, ex responsabile dell’Ufficio tecnico di sorveglianza autostradale di Genova. Quelle registrazioni, che risalgono a prima della tragedia, sono entrate nelle indagini e per la procura sarebbero emblematiche del modus operandi di Aspi all’epoca: abbassare i voti sullo stato delle infrastrutture per risparmiare sulle manutenzioni e potere fare più utili. "Una volta in una riunione Donferri diede del cerebroleso all’ingegnere Bernardini, che si stava occupando del progetto di retroffitting. Lui si alzò e disse ‘non ci sto più’. A quel punto venne messo in condizioni di andarsene e tornò a Firenze. Il suo posto lo ha prese Giacobbi". Nel corso dell’udienza Vezil, incalzato dal pubblico ministero Massimo Terrile, ha spiegato come avvenivano le ispezioni. "Avevamo tre by bridge per tutta la rete autostradale nazionale, per andare a guardare le parti alte dei viadotti. Le ispezioni visive si facevano coi i binocoli e poi con le macchine fotografiche. Io sapevo che alcuni miei tecnici facevano le ispezioni con il binocolo dall’alto, dalla collina di Granarolo, all’altezza di una trattoria". Per quel che concerne le prove riflettometriche Vezil ha detto di "non averle mai lette". Quanto alle relazioni da cambiare, l’ingegnere ha spiegato che "nessuno di noi senza vedere de visu l’opera poteva permettersi di variare il giudizio di chi faceva l’ispezione". In ogni caso "Spea doveva fare solo ispezioni visive e da quello che appariva all’esterno non avevamo segnali di dissesto o instabilità sugli stralli. Mai rilevata una lesione trasversale". (ANSA).