(ANSA) – GENOVA, 06 NOV – "Sin dal primo giorno ho vissuto il crollo del Morandi come un grosso lutto e mi sono messo a disposizione dell’autorità perché per me è stato un fallimento della società. Questo non è paragonabile al lutto e al dolore dei parenti delle vittime, ma mi sono messo a disposizione da subito". Lo ha detto in aula Mario Bergamo, ex responsabile sicurezza e manutenzioni di Aspi, uno dei 58 imputati nel processo. Fu Bergamo ad avviare il retrofitting, il rinforzo delle pile 9 e 10. "Di Taddeo (un altro imputato, ndr) mi diede rassicurazioni in termini di sicurezza. Mi disse che in base alle riflettometriche emergeva un lento trend di degrado dei cavi ma il coefficiente di sicurezza era più che doppio rispetto a quello previsto dalla norma. Mi disse che il ponte aveva una riserva di sicurezza talmente elevata che non c’era nessuna preoccupazione. E lo confermò anche davanti a Castellucci". In mattinata è stato sentito Pierluigi Ceseri, un altro degli imputati ex Aspi negli anni ’90. "Fino a che c’ero io e Autostrade era pubblica tutto andava bene. Poi venne privatizzata e cambiò tutto. Io avevo lo spirito dell’uomo al servizio della cosa pubblica. Poi cambiò questo approccio e contavano solo i conti". "Sì difendeva il servizio pubblico – ha continuato -. Nel 1985 ci chiamò il presidente Sandro Pertini per farci i complimenti perché durante il grande gelo non chiudemmo l’autostrada". "Nel 1994 avevo letto alcuni articoli sulla rivista di Autostrade sui lavori al viadotto Polcevera. L’ingegnere Camomilla mi aveva parlato, mi aveva detto che era prevista una consistente manutenzione ordinaria e straordinaria. Non mi informai su come funzionassero le riflettometriche, non mi interessava. Negli anni ’90 Camomilla mi parlò in generale del viadotto ma non mi disse che presentava criticità particolari". (ANSA).