(ANSA) – BOLOGNA, 25 OTT – L’apprensione e la rabbia del fratello di Saman per le continue pressioni subite dall’estero, affinché ritratti le sue dichiarazioni accusatorie nei confronti dei propri familiari, emergono con chiarezza dalla testimonianza di una psicologa, sentita a inizio settembre come persona informata sui fatti dai carabinieri di Reggio Emilia. Il verbale con le dichiarazioni della professionista è stato depositato agli atti del processo per l’omicidio della 18enne pachistana, da parte della Procura reggiana. La psicologa riferisce di aver visto il giovane pachistano da lei seguito "in uno stato di agitazione, rabbia e preoccupazione" per telefonate e messaggi da familiari e parenti della madre, persone residenti a Londra o in Pakistan, che lo stavano contattando per convincerlo a ritrattare o a cambiare versione, con la minaccia che altrimenti sarebbe successo qualcosa di grave alla madre (Nazia Shaheen, unica dei cinque imputati ancora latitante). Gli stessi familiari avrebbero detto al ragazzo (minorenne all’epoca della scomparsa della sorella, fine aprile 2021) che a causa della sua testimonianza "ci sono dei bambini che non sono mai potuti stare coi genitori". Il pressing sarebbe continuato, ha spiegato la psicologa, con l’avvertimento che se avesse detto la verità i parenti lo avrebbero abbandonato a se stesso "e sarebbe rimasto completamente solo". Telefonate e messaggi continui, in certi periodi quasi ogni giorno. (ANSA).