(ANSA) – LARINO, 22 SET – "Non potevo uscire di casa da sola, dovevo essere sempre accompagnata da un fratello o da mio padre. Sono stata costretta ad indossare l’hijab. La scuola impone una separazione tra uomini e donne. Ci sono quelle per noi e quelle per i maschi". A parlare è Maryam, 29 anni, originaria di Herat e fuggita da Kabul subito dopo il ritorno dei talebani al potere. Laureata in Scienze Politiche, riesce a lasciare l’Afghanistan insieme al marito Nawid, di 31 anni, dipendente della Banca Mondiale a Kabul impegnato a sostegno dei diritti umani. Maryam e Nawid, costretti a fuggire da Herat, si rifugiano in Pakistan dove, sempre a causa di restrizioni pesanti dovute alla loro condizione di rifugiati afgani, hanno vissuto 14 mesi difficili. Senza lavoro perché impossibilitati a uscire di casa a causa delle regole stringenti della polizia, sono riusciti a lasciare il paese e a raggiungere l’Italia. Approdati a Larino, sono ora ospiti del progetto Sprar gestito dall’Istituto Gesù e Maria del paese. Maryam già da piccola ha dovuto lasciare Herat per seguire il padre in Iran dove ha vissuto come rifugiata afgana. "Non eravamo considerati uguali e non avevamo gli stessi diritti. In Iran c’erano restrizioni molto pesanti – racconta all’ANSA -. Sono stata costretta già da piccola ad indossare il velo ed era vietato tutto, persino partecipare a gare sportive a scuola. Per poter studiare, la mia famiglia ha dovuto pagare tanti soldi. La situazione in Iran era insostenibile e così con i genitori sono tornata in Afghanistan poco dopo la caduta dei talebani". "Non sono stati anni facili quelli vissuti in Afghanistan e ad Islamabad poi -. Non si poteva uscire di casa e se la polizia ti scopriva per strada bisognava pagare per evitare di essere condotti negli uffici nonostante avessimo visto e documenti in ordine. Impossibile lavorare. Riuscivamo a malapena a mangiare". Maryam e Nawid, oggi sereni e sorridenti, sono a Larino dove si trovano molto bene: il loro figlio di 5 anni frequenta la scuola d’infanzia. Dell’Afghanistan nessuna nostalgia. "No, non pensiamo di tornare – hanno spiegato -. Il nostro futuro è proiettato in Italia. Pensiamo ad un master in Scienze politiche poi un lavoro". (ANSA).