(ANSAmed) – TEL AVIV, 22 LUG – E’ giunta oggi ad un punto di ebollizione la protesta contro la riforma giudiziaria intrapresa dal governo Netanyahu la cui prima fase (la ‘limitazione della clausola di ragionevolezza’) sarà approvata lunedì – secondo i progetti della coalizione – in seconda e terza lettura alla Knesset. Oggi a Gerusalemme è giunta una marcia oceanica di dimostranti, partiti quattro giorni fa da Tel Aviv, dopo aver percorso quasi 60 chilometri con temperature fino a 35 gradi. Nella fase finale, secondo gli organizzatori, il corteo si è ingrossato fino a raggiungere una cifra di 20-30 mila persone, secondo le stime dei media. Da domani progettano di raccogliersi in massa attorno alla Knesset, in un tentativo estremo di fare pressione per bloccare la riforma. Ieri mille riservisti dell’aviazione, fra cui 500 piloti, hanno reso noto che se le ‘clausola’ sarà approvata, non si offriranno più volontari. Questa protesta, secondo i media, ha destato forte preoccupazione fra i vertici militari. Alcuni parlano di un "terremoto". Oggi alle proteste contro la riforma – che mira a ridurre molto le prerogative del potere giudiziario rispetto all’esecutivo – si sono uniti cento ex responsabili della sicurezza, fra cui ex dirigenti dei servizi segreti (Mossad e Shin Bet). Fra quanti fanno pressione su Benyamin Netanyahu perché trovi in extremis una formula "di compromesso" vi è il ministro della difesa Yoav Gallant che si è detto "molto preoccupato" per l’incrinamento della coesione nelle forze armate. Ma ministri vicini a Netanyahu gli consigliano di non cedere alle pressioni delle piazze e accusano i piloti dell’aviazione che hanno sottoscritto la petizione di aver quasi tentato "un golpe". Oggi intanto, per la 29/ma settimana consecutiva, migliaia di israeliani sono scesi in decine di località per protestare contro la riforma. Ma domani sarà la volta dei sostenitori del governo ad organizzare a Tel Aviv una prova di forza, in quella che hanno definito "la manifestazione del milione". "Abbiamo la maggioranza in parlamento – affermano – e non accettiamo di essere considerati cittadini di second’ordine". (ANSAmed).