(ANSA) – BOLOGNA, 05 LUG – Non ha mai mostrato pentimento, non solo nei confronti della vittima, alla quale ha riservato "parole spregevoli prima e dopo il fatto" ma anche dei genitori di lei, non riuscendo, anche a distanza di tempo, ad attribuirsi la piena responsabilità. La colpa di quanto successo, ha continuato a sostenere, è di quel "demone" che gli diceva cosa fare. Così i giudici della Corte di appello di Bologna, sezione minorenni, motivano la conferma della condanna a 16 anni e quattro mesi per il giovane killer di Chiara Gualzetti, assassinata a 15 anni, il 27 giugno 2021 a Monteveglio. Proprio ieri sono stati celebrati i funerali della madre della ragazza, ammalatasi dopo la morte della figlia. Il giovane, maggiorenne dal giorno della sentenza di appello (20 marzo 2023), uccise l’amica con un coltello e infierendo con calci e pugni, poi se ne andò, abbandonando il cadavere ai margini di un bosco. Nello spiegare perché è stato corretto non ammettere l’imputato alla messa alla prova, la Corte sottolinea che il ragazzo ha continuato ad attribuire la responsabilità del delitto al demone: facendo propria la valutazione dei periti psichiatrici, si tratta, per la sentenza, di "un tentativo di deresponsabilizzazione con modalità ed escamotage che gli hanno permesso di distaccarsi dal fatto reato". Il demone è una figura, peraltro, apparsa solo pochi giorni prima del delitto, quando il ragazzo "aveva fatto ricerche su google per cercare nomi da dare al demone". Per il resto l’imputato ha sempre mantenuto "un atteggiamento supponente e mai dispiaciuto, utilizzando frasi e parole che hanno sempre evidenziato mancanza di resipiscenza". (ANSA).