“Succederà”. Lo slogan della stagione 2022-2023 della Pallacanestro Cantù era questo. E il riferimento era per l’obiettivo serie A1. Invece non succederà. Lo sfregio alla storia è compiuto.
Non sono bastati i proclami ambiziosi, le tante – a dire il vero troppe – parole, e l’arrivo di un allenatore blasonato come Romeo Sacchetti, già commissario tecnico della Nazionale. Anche nella prossima stagione la formazione brianzola sarà costretta ad arrancare nella seconda serie nazionale di basket che comprende gare con squadre importanti, ma anche trasferte in tristi, buie e periferiche palestrine.
Cantù è stata eliminata nella semifinale playoff da Pistoia. Sono mancati carattere, determinazione, la squadra. La sfida decisiva ieri sera a Casale Monferrato, con i toscani che si sono imposti per 75-67 e hanno portato la serie sul decisivo 3-2 a loro favore.
Gameover per Cantù e tutti a casa a testa bassa. E pensare che i brianzoli erano in vantaggio per 2-0 e sono poi riusciti a farsi raggiungere e superare in volata.
In mezzo anche il triste e desolante episodio della squalifica del campo. Con un giocatore di Pistoia colpito da una bottiglietta nel finale di gara 2. Incredibilmente l’autore non è saltato fuori, anche se il gesto è stato condannato all’unanimità. E qui viene in mente la citazione di una canzone di Fabrizio de Andrè. La gente “si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Il risultato. L’autore, che meriterebbe un prolungato Daspo da ogni evento sportivo, per ora rimane sconosciuto.
Uno sfregio alla storia, si diceva, perché Cantù rimane una delle squadre più vincenti della storia con le sue coppe campioni, gli scudetti, la lunga serie di trofei nazionali e internazionali.
Nessuno, società, staff tecnico, giocatori, è stato purtroppo all’altezza di una tradizione che ha fatto conoscere la città brianzola in tutto il mondo. Lo dicono i risultati, lo ha detto il campo. Forse sarebbe stato meglio concentrarsi più sulla squadra e magari pensare meno al contorno, alla presentazioni in pompa magna, alle serate glamour con gli sponsor e ad attività annesse e connesse.
Ma tant’è. Ormai è andata. Serva di lezione per il prossimo anno e per il futuro immediato.
Non si può chiamare logan e dirgli di non giocare alla Logan