(ANSA) – COMO, 25 MAG – Per i giudici della Corte d’appello di Milano che li hanno assolti "perché il fatto non sussiste" , "certamente si è trattato di una arrogante messa in scena, con il solo intento di obbligare all’ascolto della lettura integrale del comunicato del Fronte Veneto Skinheads. Da parte dei 13 estremisti di destra condannati in primo grado, però, non vi fu violenza privata quando il 28 novembre 2017 nel corso di una riunione di ‘Como Senza Frontiere’ in cui si discuteva di migranti entrarono per leggere un proclama anti-accoglienza. I volontari filmarono con il telefonino la scena che, postata sul web, suscitò polemiche. Nelle motivazioni dei giudici della Seconda sezione penale della Corte d’appello di Milano, secondo quanto riportato da quotidiani comaschi, non emergerebbero quella violenza e quelle minacce "necessarie" per la configurazione del reato di violenza privata. Secondo la Corte, infatti, "per la violenza privata non basta la costrizione a fare o a tollerare qualcosa". Per i giudici, certamente quell’ingresso fu «scenografico» e «arrogante», e sicuramente la riunione che era in corso «fu interrotta con l’intento evidente di disturbare». I tredici imputati "nemmeno si scusarono", ed era evidente pure che "volevano stare in piedi in quanto sapevano già prima come disporsi", cioè alle spalle dei volontari di "Como senza frontiere", seduti al centro della stanza. Nonostante ciò non è ravvisabile un "marcaggio a uomo" e neppure un "accerchiamento intimidatorio", seppur scenografico. Anche la "costrizione non c’è stata". La riunione si era inoltre svolta in un "edificio pubblico aperto a tutti" con un "cartello che indicava la stanza e l’orario dell’assemblea", e in cui gli imputati erano entrati "senza forza, in fila indiana e senza rumoreggiare", dunque "senza fare irruzione" (ANSA).