(ANSA) – GENOVA, 17 MAG – Già nel 2003, il ponte Morandi (crollato il 14 agosto 2018, 43 vittime) avrebbe potuto essere demolito visto i costi elevati di manutenzione. Per questo venne contattato Danilo Coppe, esperto di esplosivi che poi, in seguito al crollo, si occupò delle operazioni per fare cadere i resti del viadotto. "Mi dissero che ne avrebbero costruito un altro. Poi la demolizione non si fece perché ritenuta troppo complessa" ha spiegato oggi in aula. "Mi contattarono da Roma per sapere il costo, dicevano che la manutenzione costava troppo e ne sarebbe stato costruito uno più a monte, verso Bolzaneto, non so se si riferissero alla Gronda. Ma l’operazione fu ritenuta evidentemente troppo complessa e costosa e non se ne fece nulla. Poi nel 2018 mi hanno chiamato per abbattere i resti". "Per l’importanza dell’opera a Genova – prosegue Coppe, che si definisce "un esplosivista etico" – pensai di dover demolire la Torre di Pisa. Mi spiegarono che mantenerlo costava una barcata di soldi, circa due milioni di euro (costi che non sarebbero invece tali secondo la procura ma di gran lunga inferiori dal 2005 al momento del crollo)". "Fui una Cassandra, nella nostra relazione scrivemmo che la demolizione era fattibile, per almeno l’80% della volumetria, il mezzo più sicuro ed economico era l’uso degli esplosivi. Il problema erano tutte le operazioni complementari. Sotto il viadotto infatti c’erano diversi edifici e passavano linee ferroviarie, elettriche, gasdotti, strade provinciali e comunali. Bastava un’opposizione di un solo ente, ha precisato Coppe, perché si bloccasse tutto. Bisognava pensare all’americana, lavorare con elasticità mentale". (ANSA).