Energia, trasporti, e soprattutto generi alimentari e bevande, alloggi e servizi. Si compone così l’amaro elenco dei rincari che valgono a Como la top ten tra le città più care d’Italia. Un poco confortante nono posto con un aumento per una famiglia media quantificabile in 2mila euro su base annua. La classifica diffusa dall’Unione Nazionale Consumatori scaturisce dall’accelerazione del tasso di inflazione, che dal 7,6% di marzo è passato all’8,2 del mese di aprile, reso noto dall’Istat.
Un’accelerazione che si deve, in prima battuta a livello generale, all’aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,6%), dei trasporti, e, in misura minore, a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona.
A Como in particolare a pesare, e non poco, sono i prodotti alimentari e le bevande. Il capoluogo registra in un anno l’aumento maggiore a livello regionale, +13,5%. Ben superiore alla media lombarda, +11,7% e nazionale +12,1. Al netto della quantificazione puntuale, chiunque semplicemente riempiendo il carrello della spesa, se ne è reso conto e, come può tenta di risparmiare. Ad aumentare anche la pasta, alimento presente su ogni tavola. Sono i prodotti definiti “ad alta frequenza di acquisto” a correre più degli altri.
Male anche i servizi ospedalieri con una crescita a doppia cifra, 14,6% (unica in regione). Stesso scenario per la scuola dell’infanzia e l’istruzione primaria (+11,7%). Addirittura +16,8% per i servizi di alloggio. Dato quest’ultimo che in una città con una forte espansione turistica difficilmente tenderà al ribasso.
Energia elettrica e gas del mercato libero fanno il resto, poiché nonostante il costante calo dei prezzi nei mercati all’ingrosso hanno subìto rincari consistenti.