Al via da oggi, anche nelle sedi di Como e Varese dell’Università dell’Insubria, il nuovo test per l’accesso a Medicina e chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria e Medicina veterinaria, il cosiddetto Tolc Med.
Questa mattina, alle 8:15, la convocazione nel padiglione di via Monte Generoso, a Varese, e nell’aula informatica dell’edificio torre di via Valleggio, a Como. Alla prima finestra di prove, le iscrizioni sono state 721 per la sede di Varese e 311 per quella di Como. Davanti al computer, 36 studenti alla volta hanno risolto 50 quesiti, in 90 minuti su quattro sezioni di argomenti.
Ma la novità di quest’anno è anche un’altra. Il test è infatti ripetibile, e possono svolgere la prova oltre ai diplomati, anche i ragazzi degli ultimi due anni delle superiori. Gli iscritti al Tolc Med sono stati quasi 80 mila in Italia e i posti a disposizione – secondo i dati ancora provvisori – sono quasi 15mila per Medicina, 14mila per Odontoiatria, 1.082 per Veterinaria. “Ci sarà un allargamento del 20/30% del numero degli iscrivibili a Medicina ma non un superamento del numero chiuso” ha precisato poi il ministro della salute Orazio Schillaci.
Sul fronte accademico dunque, questa la prima mossa per risolvere il problema della carenza di camici bianchi che però secondo il presidente dell’ordine dei medici di Como Gianluigi Spata non basta a far fronte a tutte le criticità. “Corriamo il rischio di avere tra 10 anni dottori formati ma non in tutte le specializzazioni” commenta Spata e poi aggiunge “il problema numero uno oggi è che non siamo in grado di garantire agli studenti un continuum formativo in tempi ragionevoli”. Una questione di organizzazione insomma e non di risorse. A preoccupare il presidente dell’Ordine dei medici è inoltre il progressivo allontanamento dalla medicina del territorio. “Nel Comasco mancano 100 medici di famiglia” sottolinea e ciò significa per i pochi che lavorano “un aumento del massimale fino a 2000 pazienti”.
Allarmante in vista dei prossimi anni anche la carenza di infermieri. “Soprattutto in queste zone” conclude Spata “siamo davanti a una vera e propria fuga verso la Svizzera, dove gli stipendi sono più alti”.