Ottant’anni dalla nascita di Luigi “Gigi” Meroni. Il 24 febbraio del 1943 veniva alla luce a Como uno tra i calciatori più amati, apprezzato anche da chi non lo ha mai visto giocare ma ne ha apprezzato la storia, anche in tempi recenti.
Un grande in campo, un vero personaggio fuori, che all’epoca era guardato male dai benpensanti soltanto perché voleva essere se stesso. Amava i capelli lunghi, dipingere e girare per le vie della città con una gallina al guinzaglio. Atteggiamenti che certo non lo aiutarono anche nel rapporto con lo staff tecnico della Nazionale dell’epoca. Oltretutto, in quella Italia, non era certamente vista bene la sua storia con una donna sposata, la giostraia Cristiana Uderstadt.
La prematura e tragica scomparsa il 15 ottobre del 1967 a Torino, con Meroni travolto mentre stava attraversando la strada, corso Re Umberto. Era una domenica. Il giocatore lariano militava con i granata – dopo i primi calci all’oratorio di San Bartolomeo e le esperienze con Como e Genoa – e quel giorno la sua squadra aveva battuto la Sampdoria per 4-2.
Un personaggio amato negli anni, riproposto all’attenzione del grande pubblico dal libro di Nando Dalla Chiesa “La farfalla granata”, pubblicato nel 1995. Stesso titolo per una fiction Rai del 2013, a dire il vero non apprezzata dagli amici comaschi dalla sorella di Meroni, Maria, che nella circostanza spiegò perentoriamente: “Quello della fiction non era il mio Luigino”. Non mancano anche società calcistiche che portano il suo nome, in Italia e all’estero. Tra queste, una di Siena i cui dirigenti dichiarano apertamente di ispirarsi ai valori del giocatore comasco e di volerli tramandare ai più giovani.
Gigi Meroni, una storia travagliata e non senza momenti drammatici anche dopo la sua scomparsa, con la tomba due volte profanata, a poche settimane dalla sua morte, da un tifoso incredulo (che fu rinchiuso in un manicomio) e nel 1989.
Una vicenda che va ad inserirsi nella storia dolorosa del Torino. Molti tifosi che piansero per la scomparsa di Meroni erano infatti gli stessi che il 4 maggio del 1949 avevano assistito alla tragedia del Grande Torino, l’invincibile squadra che visse il suo tragico epilogo con lo schianto sulla collina di Superga al ritorno da una trasferta in Portogallo.