(ANSA) – LISBONA, 23 NOV – Massiccia operazione della Polizia giudiziaria portoghese nelle campagne dell’Alentejo, la regione del Portogallo meridionale famosa per il latifondo durante la dittatura di Salazar e dove oggi è sempre più diffuso il caporalato, il lavoro nero e lo sfruttamento di manodopera migrante in agricoltura. Gli investigatori hanno scoperto, dopo circa un anno di indagini, una rete dedita alla tratta di immigrati, eseguendo una quarantina di arresti di cittadini portoghesi e stranieri, soprattutto di nazionalità romena, con l’accusa di associazione a delinquere, traffico di esseri umani e riciclaggio. La rete aveva come centro operativo la provincia di Beja e funzionava ai danni di lavoratori agricoli provenienti da Romania, Moldavia, Senegal, Marocco, Algeria, India e Pakistan. Nella maggior parte dei casi questi lavoratori venivano attratti negli stessi Paesi di provenienza attraverso propaganda falsa e poi costretti a vivere e lavorare in condizioni di semi-schiavitù, senza alcun tipo di regolarizzazione di contratti o documenti di identità. Secondo dati recenti e comunque approssimati per difetto trattandosi in larga parte di lavoro nero, sarebbero circa 50 mila i lavoratori immigrati impiegati nell’agricoltura portoghese, la maggioranza dei quali impiegati in Alentejo, dove si stanno estendendo a macchia d’olio le coltivazioni in serra. Le loro precarie condizioni di vita sono note da tempo e avevano occupato le prime pagine dei giornali nel 2020, durante il primo periodo di confinamento a causa della pandemia, quando si erano verificati diversi focolai di contagio nelle loro abitazioni sovraffollate. Ma quella resa nota oggi viene definita dalla stampa portoghese come una delle più grandi operazioni di polizia giudiziaria degli ultimi tempi. (ANSA).