(ANSA) – LAMPEDUSA, 27 OTT – "Continuo a vederli mentre annaspano in acqua, tento di aiutarli, provo ad afferrarli prima di verderli scomparire tra le onde. Ma è tutto inutile…". A raccontare la terribile esperienza del naufragio vissuta tre giorni fa al largo delle coste di Lampedusa è un ragazzo di 22 anni, originario della Costa d’Avorio. Era su un barchino partito dalle coste tunisine con 26 migranti, solo in 22 sono riusciti a raggiungere Lampedusa; gli altri quattro, tre uomini e una donna, sono affogati davanti ai suoi occhi. Una scena che adesso lo perseguita. Il giovane ivoriano, ancora sotto choc, è uno degli ospiti dell’hotspot dell’isola. A garantirgli supporto psicologico, fra i padiglioni della struttura, il team di Medici senza frontiere, composto dal referente medico Marina Castellano, dalla psicologa Carmen Ventura e dalla mediatrice culturale Fella Boudjemai che è di origini algerine. "Le storie sono tantissime, tutte drammatiche – spiega Marina Castellano, mentre è in partenza da Lampedusa per tornare a Roccella Jonica, altro fronte dell’immigrazione -. Sia il giovane della Costa d’Avorio che un altro ragazzo che era sul barcone che ha preso fuoco e dove sono morti ustionati due bambini di 10 mesi e un anno, ci hanno detto che non riescono a cancellare dalla loro mente quelle scene terribili. Una circostanza comune a tutti i superstiti di un naufragio: continuano a vedere annegare coloro che, fino a pochi momenti prima, erano seduti accanto a loro. E sono amici, parenti, figli, come è successo in questi ultimi giorni. Non possiamo più permettere che accadano queste tragedie". (ANSA).