(ANSA) – ROMA, 26 OTT – "Non vogliamo che in nome dell’Italia si compiano crimini contro l’umanità". Oltre 40 associazioni chiedono di non rinnovare il Memorandum con Libia per il contrasto all’immigrazione illegale. L’accordo, firmato dal governo Gentiloni nel 2017, impegna l’Italia a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta all’immigrazione, ossia la guardia costiera libica. Vi ha fatto seguito l’istituzione della zona Sar libica, un’ampia area marittima in cui i guardacoste libici sono responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso. Se entro il 2 novembre – cioè tre mesi prima della scadenza a febbraio – il governo italiano non revocherà o modificherà il Memorandum verrà rinnovato automaticamente per altri 3 anni. "Un’operazione di soccorso deve approdare in un posto sicuro e la Libia non lo è", contestano le associazioni che hanno spiegato le loro ragioni in una conferenza stampa e hanno convocato oggi una manifestazione in piazza, all’Esquilino, per chiedere una modifica in extremis. Presenti alla conferenza stampa i rappresentanti di molte associazioni in difesa dei diritti umani e ong che si occupano dei salvataggi in mare. E anche esponenti del centro sinistra, tra cui Elly Schlein, Matteo Orfini, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Riccardo Magi. La Libia per i migranti "è un posto in cui si vive costantemente nella paura, le cure mediche sono inesistenti – ha sottolineato Claudia Lodesani, presidente di Medici Senza Frontiere Italia – e un paese paladino dei diritti umani non può fare nessun accordo con la Libia. Il salvataggio in mare è uno dei canali possibili di uscita, se ci fossero vie legali per fuggire le userebbero". È stato posto l’accento sulla "criminalizzazione" delle ong in mare: "Siamo diventati il bersaglio di ogni politica contro i flussi migratori – dice Valentina Brinis di Open Arms, ong presente del Mediterraneo dal 2016 – ci siamo trovati a dover firmare il Codice di condotta, siamo stati accusati di lavorare in combutta con gli scafisti o di essere noi stessi scafisti, di essere fattore di attrazione per cui le persone partono in mare, affermazione smontata dai fatti". (ANSA).