Crisi di governo. Sale a 1.000 il numero di firme dei sindaci italiani che in una lettera -indirizzata a Mario Draghi- hanno chiesto al premier di rimanere a Palazzo Chigi. “Draghi è grande abbastanza e non ha bisogno di miei consigli” è invece il commento del primo cittadino di Como, Alessandro Rapinese che ha ribadito di non voler sottoscrivere l’appello.
Non è della stessa opinione, Mauro Guerra (sindaco di Tremezzina e presidente lombardo dell’Associazione nazionale comuni italiani) che ha firmato la lettera aperta e ha spiegato: “Nel Comasco le adesioni aumentano e arrivano da diverse appartenenze politiche”. “Il senso di questa iniziativa” continua Guerra “non è di schieramento ma è una richiesta che tiene conto dei problemi e delle difficoltà che stanno affrontando i comuni e le comunità”.
Dalle amministrazioni locali arriva a Mario Draghi infatti la richiesta “di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo, pensando” come si legge nella lettera “al bene comune e anteponendolo ai propri problemi interni”. Un modo insomma per allontanare lo scenario di una crisi che- a detta di un migliaio ormai di sindaci- “significa immobilismo e divisione laddove ora servono azione, credibilità, serietà”.
Secondo Guerra, gli italiani torneranno al voto dopo l’estate (tra le date ipotizzate la fine di settembre o l’inizio di ottobre). Fino a quel momento aggiunge “abbiamo bisogno di un Governo nel pieno delle sue capacità per affrontare i prossimi mesi che saranno difficili”. Nella lista dei firmatari dell’appello a Draghi quindi, non compare il sindaco di Como Rapinese e nemmeno Alice Galbiati di Cantù mentre con la sigla di Veronica Airoldi ha aderito il Comune di Erba. Tra i sindaci lombardi anche Giorgio Gori di Bergamo, Beppe Sala di Milano e Davide Galimberti di Varese.
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