Impennata di casi Covid in Lombardia. In un mese in regione il tasso di positività è passato dal 7,9% del primo giugno al 25,1 di venerdì 1 luglio. L’incidenza ogni 100mila abitanti, sebbene minore rispetto alla media italiana, da 155,6 è passata a 690,7. A confermare la risalita dei casi anche in provincia di Como, è il report dell’Ats Insubria.
“Non sono preoccupato – ha detto il governatore Attilio Fontana– ma è un dato di fatto che il numero dei contagi stia aumentando. Nessun allarme, ma attenzione alta”. Un monito con cui il presidente lombardo intende soprattutto invitare i cittadini a non abbandonare le mascherine e le precauzioni, soprattutto nei luoghi affollati.
“L’andamento dei contagi sul territorio di ATS Insubria, purtroppo, conferma un incremento della diffusione del virus negli ultimi giorni – hanno spiegato dalla direzione dell’Agenzia di Tutela della Salute – probabilmente a causa del diffondersi di nuove varianti e la minor attenzione generalizzata alle principali misure di prevenzione dal contagio. La circolazione virale ha effetti anche sugli ospedali, ma al momento la situazione è sotto controllo”.
Sono oltre 3500 i casi registrati nel Comasco nella settimana dal 25 giugno al 1 luglio secondo il report dell’Ats Insubria. Complessivamente negli ultimi sette giorni i nuovi positivi in provincia di Como sono stati 3.579, a cui si aggiungono 5.718 della provincia di Varese. In totale dunque nei territori di competenza dell’Ats si contano 9.297 contagi.
Il picco di contagi non tiene inoltre conto del Covid sommerso. La stessa Ats riconosce che è in aumento “la pratica dei tamponi fai-da-te con notifica limitata dei test positivi”.
La fascia d’età più colpita è quella tra i 25 e i 49 anni, con oltre 3.500 casi, poco più di 2.300 contagi registrati nella fascia 50-64 anni. Cantù e Mariano Comense registrano il tasso di incidenza ogni 100mila abitanti più alto della provincia di Como, pari a 623. Segue Como città con 539 ed Erba a quota 525.
Gli ospedali, fino ad oggi, stanno reggendo la nuova ondata di Covid e in terapia intensiva l’occupazione è stabile, all’1,3%. In Italia però, con la fine dello stato di emergenza, alcuni presidi d’emergenza sono spariti. Un esempio: le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, create a marzo del 2020 per fronteggiare la crisi pandemica e fornire assistenza sanitaria alternativa al pronto soccorso. Oggi, per sopperire a questa mancanza, interverrà sia la squadra di Areu a domicilio (la Regione ne ha prorogato l’attività), sia le guardie mediche che si sono rese disponibili ad offrire il servizio.