(ANSA) – ANCONA, 18 GIU – "Sono molto orgogliosa di mio figlio e anche il padre lo sarebbe stato. Mi ha insegnato la vita. Questi 13 anni sono stati abbastanza tosti. Il percorso che ha scelto lui, di arrivare a questa conclusione della sua vita, è perché purtroppo lui non ce la fa più. È stata una scelta dura sia per lui sia per me e per tutti quelli che gli sono stati vicino". La madre di Federico Carboni, Mario, il primo italiano ad avere avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, Rosa Maria, ha raccontato in un video, affidato all’Associazione Luca Coscioni, i 13 anni vissuti accanto al figlio dopo l’incidente che lo ha reso tetraplegico, compresa la reazione alla decisione di Federico di porre fine alle sue sofferenze attraverso il ricorso al suicidio assistito, anche se "in principio è stata molto dura accettarla, perché lì per lì quando me l’ha detto, come madre, ti spacca il cuore. Però dopo col tempo che passava, il dolore e le sofferenze sono aumentate. Capisco la sua decisione, abbastanza crudele, però è una vita molto difficile per lui. È un dolore molto forte, sia per lui che per me". "Il calvario, tra il dolore fisico e il lungo iter giudiziario dovuto all’indifferenza della politica, che hanno dovuto sopportare Federico e sua madre non è più accettabile", commenta l’avvocato Filomena Gallo, difensore e coordinatore del collegio legale di Federico-‘Mario’ e segretario dell’Associazione Luca Coscioni. "Lo abbiamo vissuto insieme alla famiglia Carboni e fino all’arrivo di una buona legge impiegheremo tutte le energie per difendere i diritti delle altre persone malate che vogliono rispetto delle loro scelte e delle loro famiglie – aggiunge -. Oggi occorre emendare l’attuale testo di legge in discussione al Senato. Il requisito del sostegno vitale, alla luce della patologia irreversibile deve essere un requisito eventuale, ma non necessario, devono essere eliminate tutte le discriminazioni tra malati che vogliono scegliere sul proprio fine vita e devono essere introdotti tempi certi e vincolanti per le procedure. Solo così avremmo una legge utile e giusta. Nella versione attuale costringerà invece le persone malate a ricorrere nuovamente ai tribunali". (ANSA).