(ANSA) – MILANO, 09 MAG – Breve udienza tecnica stamani al settimo piano del Palazzo di Giustizia milanese sul cosiddetto ‘caso camici’ che vede imputati il governatore lombardo Attilio Fontana, il cognato Andrea Dini, titolare di Dama spa, l’ex dg di Aria spa, centrale acquisti regionale, Filippo Bongiovanni, la dirigente della società Carmen Schweigl e il vicesegretario generale di Regione Lombardia Pier Attilio Superti. Dopo che i pm Paolo Filippini e Carlo Scalas hanno apportato piccole precisazioni nel campo di imputazione per frode in pubbliche forniture, oggi ha discusso sul punto per una decina di minuti la difesa di Dini, col legale Giuseppe Iannaccone. L’udienza preliminare è stata rinviata a venerdì 13 maggio quando il gup deciderà se mandare a processo o meno gli imputati. Secondo l’accusa, in base al contratto del 16 aprile 2020 Dama avrebbe dovuto fornire 75mila camici e altri 7mila set di dpi per un importo di 513mila euro. Quando emerse il conflitto di interessi (la moglie di Fontana aveva il 10% di Dama), gli indagati avrebbero tentato "di simulare l’esistenza" dall’inizio "di un contratto di donazione" per lo meno per i 50mila camici già consegnati e la restante parte, 25mila ‘pezzi’, non arrivò più ad Aria. Da qui l’accusa di frode in pubbliche forniture. Nessun illecito né penale né civilistico, è la tesi dei difensori del presidente lombardo, Jacopo Pensa e Federico Papa, bensì una fornitura che si è trasformata in donazione e che ha consentito a Regione Lombardia "di risparmiare 513 mila euro". Riguardo al ritocco del capo di imputazione, Pensa aveva già osservato che i pm "hanno fatto un altro autogol, perché se uno continua a modificare vuol dire che fa fatica a crederci". (ANSA).