Dieci patteggiamenti, due condotte riparatorie e un rinvio a giudizio. Decisione oggi in Tribunale a Como nel procedimento per le accuse e gli insulti sui social alla famiglia Castagna, sfociate nell’accusa di diffamazione a carico di 13 persone. Il fascicolo è stato firmato dal procuratore capo Nicola Piacente.
Oggi l’udienza davanti al giudice monocratico Valeria Costi. In tribunale, per rispondere dei loro comportamenti online, gli autori di commenti spregevoli e di accuse a Pietro e Giuseppe Castagna, familiari di tre delle quattro vittime della strage di Erba dell’11 dicembre 2006. I due fratelli si sono costituiti parti civili.
I commenti social
Tra le persone accusate di diffamazione l’amministratrice della pagina Facebook “Olindo Romano e Rosa Bazzi innocenti”. Proprio attorno alla pagina girarono i commenti finiti nel mirino dell’accusa. Tra i 13 accusati, 8 sono donne residenti in diverse zone della Lombardia e di tutta Italia. Il reato ipotizzato è la diffamazione. In quanto utenti della pagina indicata, hanno scritto commenti sprezzanti a margine di articoli condivisi, anche sulla morte di Carlo Castagna. Tra i commenti online finiti nel fascicolo della procura di Como accuse dirette alla famiglia Castagna e tesi innocentiste in difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva per la strage.
Le decisioni del Tribunale
Dieci dei tredici accusati hanno chiuso la vicenda con un patteggiamento. Due hanno avuto accesso alla misura della condotta riparatoria e verseranno 1.500 euro ciascuno alla Croce Rossa, associazione a cui era legato Carlo Castagna. L’amministratrice della pagina Facebook invece ha scelto di andare a dibattimento e comparirà in aula il 24 ottobre prossimo.
Il commento
“I fratelli Castagna volevano dare un segnale importante e hanno raggiunto il loro scopo – sottolinea il legale che li assiste, Massimo Campa – Queste persone si sono rese conto che i leoni da tastiera non restano impuniti. Le regole della vita civile valgono anche in rete. C’è stata una violenza verbale feroce. Lo scopo di Pietro e Beppe era dare un messaggio, fermare questo odio. Il dolore per la tragedia che ha colpito la loro famiglia resta con loro sempre, vedersi anche insultati e diffamati da chi non si rende neanche conto di quello che sta facendo non era accettabile”.