Nella sentenza di primo grado era stato escluso. Il ruolo della ‘ndrangheta è stato invece affermato nella sentenza della corte d’Appello di Milano sull’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sfociata nell’operazione “Gaia”. L’indagine aveva riguardato i locali, le discoteche e la gestione dei buttafuori anche nel territorio comasco. Per tre dei 17 imputati, i giudici della quinta sezione penale di Milano hanno riconosciuto l’aggravante dell’associazione mafiosa, come richiesto dall’accusa.
Le condanne
Nel complesso, le condanne sono state 15. Due imputati, come già in primo grado sono stati assolti. Le condanne vanno da un minimo di un anno e un mese a un massimo di 17 anni e 9 mesi. Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, porto abusivo di armi, ma anche di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Al termine del processo di primo grado, 16 imputati erano stati condannati. Senza però l’aggravante che riguardava l’appartenenza alla ‘ndrangheta.
L’aggravante dell’associazione
La Corte d’Appello ha invece riconosciuto l’aggravante dell’associazione mafiosa a tre imputati. Le condanne sono rispettivamente a 9 anni e 5 mesi, 17 anni e 9 mesi e 9 anni.
Non è stata invece accolta la richiesta di aggravante su alcuni dei reati contestati. Le pene sono state in parte ridotte rispetto al primo grado. L’indagine ruotava attorno allo spaccio e alla gestione dei servizi di sicurezza dei locali notturni, discoteche e pub tra le zone di Como, Erba, Cantù, Monza e Milano.
La difesa
Preannuncia il ricorso in Cassazione l’avvocato Simone Gatto, difensore di uno degli imputati condannati per l’associazione. “È logico che un soggetto venga assolto dall’accusa di essere ‘ndranghetista e condannato per estorsioni aggravate dal metodo mafioso in primo grado e poi in Appello assolto dall’aggravante del metodo mafioso ma non dall’associazione? – si chiede il legale – Continua il balletto sulle accuse legate all’affiliazione alla ‘ndrangheta, è chiaro che è un giudizio contro il quale ricorreremo. Occorre fare chiarezza”.