Ventiquattro anni. Un quarto di secolo di notizie, inchieste, commenti e cronache: finisce oggi l’avventura del Corriere di Como. È stato stampato il numero finale del quotidiano dal 1997 in edicola con il Corriere della Sera. Da domani il territorio lariano avrà una voce in meno. Una voce autorevole e prestigiosa, che si spegne con una fine ingloriosa.
Ed è proprio questo – “Una fine ingloriosa” – il titolo dell’ultimo articolo del direttore Mario Rapisarda. Un lungo editoriale a tutta pagina, dove c’è spazio per emozioni diverse e contrastanti. Gratitudine nei confronti dei lettori, riconoscenza verso chi a metà anni Novanta tenne a battesimo il quotidiano, affetto e amicizia nei confronti dei colleghi. Ma anche amarezza e critica, durissima, nei confronti dell’ultimo editore, che ha interrotto la pubblicazione del quotidiano.
“Tre anni fa il giornale ha vissuto un cambio di governance”, si legge nell’articolo di fondo. Una nuova governance “legata a doppio filo al mondo cooperativo comasco “bianco”. Mauro Frangi, il presidente di Confcooperative Insubria, in una delle ultime e drammatiche riunioni con il sindacato, ha partecipato come rappresentante di uno dei soci della Cooperativa Editoriale Lariana, società che a sua volta esercita il controllo di Editoriale Srl”, ossia la società editrice del giornale. Rapisarda parla apertamente di un “finale ributtante, soprattutto per chi ha vissuto le ultime settimane. Stipendi non pagati, telefoni muti, riscaldamenti spenti e poche, imbarazzanti stufette per tirare sera. La proprietà ha brillato per la sua assenza e per le promesse non mantenute. La raccolta pubblicitaria è stata trascurata, dimenticata, ignorata. Questo giornale aveva le potenzialità per vivere a lungo, ma serviva un approccio differente. Ben altro impegno. E magari maggior rispetto per le persone”.
Nel congedo, come detto, non c’è tuttavia spazio per la sola tristezza: 24 anni di giornale non si riducono certo a una mesta chiusura. “È stata un’esperienza esaltante – si legge ancora nell’editoriale – E una fine ingloriosa non deve offuscare i tanti momenti belli, a tratti fantastici. Opportunità lavorative, amicizia, prospettive e carriera per tante persone”. Infine, un’amara costatazione della realtà. Scrive Rapisarda: “Como, da oggi, ha una voce in meno. E se informazione vuol dire anche libertà e democrazia, Como da oggi sarà un po’ meno libera e democratica”.
Mi spiace, mi spiace molto davvero. Posso soltanto augurarvi di cuore di trovare una strada diversa per continuare il lavoro che insieme – in pochi, pochissimi, ma bravi – avete compiuto in questi anni. Capisco che non basta scrivere qualche parola di partecipazione in un caso come questo, che dimostra una volta ancora che non sono i giornalisti ma i cosiddetti editori a non fare il loro dovere. Forse nel mio piccolo posso esservi utile? Un abbraccio a tutti. Il decano dei giornalisti comaschi Alberto longatti